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ANSA/ Un anno fa scoppiava la guerra a Gaza fra Hamas e Israele

Striscia ancora ferma. Voci negoziati e paure nuovo conflitto

TEL AVIV, 06 luglio 2015, 20:18

Redazione ANSA

ANSACheck
(di Massimo Lomonaco) Preceduta da un pesante lancio di razzi di Hamas dalla Striscia e dagli attacchi aerei di risposta da parte dell'aviazione, Israele l'8 luglio del 2014 avviava l'operazione 'Margine Protettivo'. L'obiettivo era di mettere fine allo stillicidio di missili sul Paese e al pericolo costituito dai tunnel scavati da Gaza fino ai kibbutz in territorio dello stato ebraico con lo scopo di colpire i civili.

Uno scontro durissimo - con l'ingresso il 17 luglio dell' esercito israeliano nella Striscia - finito il 26 agosto, dopo 50 giorni di guerra. Secondo i dati del rapporto del Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu, a Gaza nei raid israeliani (oltre 6.000) sono stati uccisi 2.251 palestinesi di cui 1.462 civili (tra questi: 299 donne, 551 bambini) e 789 combattenti.

Per Israele invece le vittime a Gaza sono state 2.125, di cui 936 militanti, 761 civili e 428 ancora da accertare (tutti maschi tra i 16 e 50 anni). In Israele, protetto dal sistema Iron Dome che ha fronteggiato oltre 6.000 tra razzi e colpi di mortaio lanciati dalla Striscia, le vittime sono state 72 (67 soldati e 5 civili).

Una realtà nella quale la risoluzione del Consiglio - fortemente contrastata da Israele - ravvisa "possibili crimini di guerra" da entrambi le parti. Il rapporto ha denunciato su Gaza raid "indiscriminati" con "devastazione e sofferenza umana senza precedenti, che avranno un impatto sulle generazioni future". Per Israele parla di lancio "indiscriminato" di razzi con lo scopo "di diffondere il terrore" tra i civili, traumatizzati anche "dalla scoperta dei tunnel". Per questo il Consiglio ha anche evocato il ricorso alla Corte Penale Internazionale (Cpi) dell'Aja.

Oggi, a un anno di distanza, la situazione nella Striscia resta grave dal punto di vista umanitario, mentre nell'ultimo mese su Israele sono di nuovo caduti razzi, questa volta rivendicati da gruppi salafiti che si richiamano all'Isis.

Da settimane si parla anche di trattative indirette per una tregua decennale tra Hamas e Israele, favorite da Qatar, Turchia e organizzazioni internazionali. Ma le parti finora hanno più volte negato la loro esistenza.

Punto focale del negoziato sarebbe la costruzione di un porto galleggiante a largo della costa di Gaza, in grado di ridare ossigeno economico alla Striscia, rimuovendo così il blocco pluriennale da parte di Israele e dell'Egitto. Nell'anno appena trascorso, nonostante l'impegno finanziario (oltre 1,5 miliardi di dollari) varato dai Paesi donatori nella Conferenza del Cairo dello scorso ottobre, la ricostruzione nella Striscia, a giudizio delle organizzazioni dell'Onu, stenta a decollare e pochi sono i prodotti edilizi che entrano passando il controllo di Israele. La situazione - secondo dati di fonti locali - vede ancora circa 8.000 senza tetto, mentre altri 50 mila vivono in abitazioni di fortuna (prefabbricate, o altro). Se le case lesionate dai bombardamenti sono state sostanzialmente riparate, per quelle distrutte la ricostruzione deve ancora cominciare.

Dal punto di vista politico, a un anno di distanza, il governo di unità nazionale palestinese - nominato dal presidente Abu Mazen nel giugno del 2014 con premier Rami Hamdallah - è in grande difficoltà: a Gaza il potere resta nella mani della fazione islamica. Tuttavia il controllo di Hamas sulla Striscia, rispetto a un anno fa, sembra essersi indebolito: la sfida dei salafiti - hanno riportato fonti locali -, specie in frangenti economici al limite del collasso, con disoccupazione al 60%, si fa più forte. Non è un caso in questa ottica che uno dei più alti esponenti di Hamas, Musa Abu Marzuk, abbia deciso di rientrare dall'estero a Gaza. Hamas è intervenuta con decisione nei confronti dei gruppi salafiti, autori degli ultimi lanci verso Israele. A fronte di questa battaglia interna alla Striscia - col richiamo dei gruppi jihadisti nel vicino Sinai e il contrasto tra Hamas e l'Egitto del presidente anti-Fratelli Musulmani Abdel Fattah al-Sisi - alcuni analisti in Israele ritengono che prima o poi il conflitto "torni a bussare alle porte dello stato ebraico".

Lo stesso ministro della difesa Moshè Yaalon, in una cerimonia in onore dei soldati caduti, ha detto oggi: "In futuro potremmo essere forzati a colpire di nuovo le organizzazione del terrore a Gaza". E anche il premier, Benyamin Netanyahu, ha ammonito che "se Hamas, Hezbollah, Iran o Isis tenteranno di colpirci, rischieranno la loro vita".

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