(di Cristiana Missori)
(ANSAmed) - ASSUAN, 28 FEB - Dalla caduta di Gheddafi ''la
violenza contro le donne in Libia non fa che aumentare. Da Nord
a Sud, da Est a Ovest, assassinii, rapimenti, molestie e stupri
sono all'ordine del giorno, anche da parte delle milizie
islamiche''. Ad accendere i riflettori su di una delle tragedie
fra le tragedie che sta vivendo il Paese nordafricano è Zahra
Langhi, attivista per i diritti umani e co-fondatrice della
Lybian Women's Platform for Peace, movimento nato nel 2011 che
riunisce oltre un centinaio di donne provenienti da vari settori
della società civile.
Le donne libiche, fa notare ad ANSAmed a margine dell'Aswan
International Women Festival che ha da poco chiuso i battenti,
''hanno dato inizio alla rivoluzione, ma non abbiamo lottato per
arrivare a questo''. La Libia di oggi, ripete, è terra di
nessuno. ''Non c'è Stato di diritto, non c'è Costituzione e il
governo Serraj - riconosciuto internazionalmente - è molto
debole e non controlla il territorio. E le donne sono quelle che
pagano di più''. Molte attiviste, lei compresa, sono dovute
espatriare. Nei loro confronti, spiega, ''c'è un attacco
sistematico. Le campagne di diffamazione passano anche
attraverso la rete, dove spesso ci chiamano puttane. Dicono che
rappresentiamo una minaccia alla sicurezza nazionale''. I
recenti decreti imposti dal governo militare della Cirenaica per
impedire alle donne di età inferiore ai 60 anni di viaggiare
sole al di fuori del territorio nazionale (poi ritirato) e
quello che lo ha recentemente sostituito - che impedisce questa
volta a donne e uomini, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, di
lasciare il Paese senza autorizzazione dell'autorità militare -
non rappresentano che la punta dell'iceberg. ''Divieti contro i
quali abbiamo lanciato una campagna'', replica Langhi.
Al Festival delle donne di Assuan, che ha da poco chiuso i
battenti, Langhi ha portato un documentario, Justice for Salwa,
in memoria dell'avvocato e attivista per i diritti umani più
nota in Libia, Salwa Bugaighis, assassinata a Bengasi nel giugno
2014, nel giorno delle elezioni per il nuovo Parlamento.
Nel processo di pacificazione del Paese, ma anche in tema di
violenza di genere, il ruolo dei religiosi appare fondamentale.
Fra qualche giorno, replica Langhi, uscirà uno studio '''Mapping
of the religious sector in Lybia', elaborato insieme a un team
di ricercatori dislocati in varie parti della Libia per lo
United States Institute of Peace. Abbiamo realizzato una
mappatura completa della presenza religiosa in tutto il Paese''.
Dai cosiddetti ''Quietist salafist (non direttamente coinvolti
nel discorso politico) ai salafiti, dalla Fratellanza musulmana
al movimento civile Wasati, fino ai sufi'' e il ruolo dei leader
religiosi''.
Nella prima settimana di marzo, Langhi sarà a Roma per
incontrare alcuni parlamentari e portare avanti la sua campagna
di sensibilizzazione sulla questione di genere in Libia.
(ANSAmed).
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