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Libia: Zahra Langhi, donne sotto attacco, lotta non si ferma

Attiviste minacciate, divieti a Ovest,violenze milizie islamiche

28 febbraio 2017, 11:43

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ASSUAN, 28 FEB - Dalla caduta di Gheddafi ''la violenza contro le donne in Libia non fa che aumentare. Da Nord a Sud, da Est a Ovest, assassinii, rapimenti, molestie e stupri sono all'ordine del giorno, anche da parte delle milizie islamiche''. Ad accendere i riflettori su di una delle tragedie fra le tragedie che sta vivendo il Paese nordafricano è Zahra Langhi, attivista per i diritti umani e co-fondatrice della Lybian Women's Platform for Peace, movimento nato nel 2011 che riunisce oltre un centinaio di donne provenienti da vari settori della società civile. Le donne libiche, fa notare ad ANSAmed a margine dell'Aswan International Women Festival che ha da poco chiuso i battenti, ''hanno dato inizio alla rivoluzione, ma non abbiamo lottato per arrivare a questo''. La Libia di oggi, ripete, è terra di nessuno. ''Non c'è Stato di diritto, non c'è Costituzione e il governo Serraj - riconosciuto internazionalmente - è molto debole e non controlla il territorio. E le donne sono quelle che pagano di più''. Molte attiviste, lei compresa, sono dovute espatriare. Nei loro confronti, spiega, ''c'è un attacco sistematico. Le campagne di diffamazione passano anche attraverso la rete, dove spesso ci chiamano puttane. Dicono che rappresentiamo una minaccia alla sicurezza nazionale''. I recenti decreti imposti dal governo militare della Cirenaica per impedire alle donne di età inferiore ai 60 anni di viaggiare sole al di fuori del territorio nazionale (poi ritirato) e quello che lo ha recentemente sostituito - che impedisce questa volta a donne e uomini, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, di lasciare il Paese senza autorizzazione dell'autorità militare - non rappresentano che la punta dell'iceberg. ''Divieti contro i quali abbiamo lanciato una campagna'', replica Langhi. Al Festival delle donne di Assuan, che ha da poco chiuso i battenti, Langhi ha portato un documentario, Justice for Salwa, in memoria dell'avvocato e attivista per i diritti umani più nota in Libia, Salwa Bugaighis, assassinata a Bengasi nel giugno 2014, nel giorno delle elezioni per il nuovo Parlamento. Nel processo di pacificazione del Paese, ma anche in tema di violenza di genere, il ruolo dei religiosi appare fondamentale.

Fra qualche giorno, replica Langhi, uscirà uno studio '''Mapping of the religious sector in Lybia', elaborato insieme a un team di ricercatori dislocati in varie parti della Libia per lo United States Institute of Peace. Abbiamo realizzato una mappatura completa della presenza religiosa in tutto il Paese''.

Dai cosiddetti ''Quietist salafist (non direttamente coinvolti nel discorso politico) ai salafiti, dalla Fratellanza musulmana al movimento civile Wasati, fino ai sufi'' e il ruolo dei leader religiosi''. Nella prima settimana di marzo, Langhi sarà a Roma per incontrare alcuni parlamentari e portare avanti la sua campagna di sensibilizzazione sulla questione di genere in Libia.

(ANSAmed).

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