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Libia, Tobruk e le milizie restano i nodi

Dopo l'accordo di Parigi emergono dubbi sull'addio alle armi

IL CAIRO, 28 luglio 2017, 10:07

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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(di Rodolfo Calò) Più passano le ore, più affiorano dubbi sulle possibilità che l'intesa fra il premier libico Fayez Al Sarraj e il generale Khalifa Haftar sulla soluzione della crisi libica sia realizzabile nei termini concordati alle porte di Parigi con la mediazione del presidente francese Emmanuel Macron. Commenti di analisti e dichiarazioni indicano vari nodi in particolare nell'auspicata via verso le elezioni e nel ruolo che avranno le milizie fuori del controllo dei due.

E per l'Italia si aggiunge l'incognita di una nuova situazione che andrà a incidere su una collaborazione impostata con Sarraj sulla lotta al traffico di migranti.

Pure un grande giornale francese, Le Monde, fin da subito aveva avvertito che la "dichiarazione congiunta" concordata ma significativamente non firmata martedì è "senza garanzia di risultato". Come hanno notato analisti, la stretta di mano col presidente francese al centro del resto - un'eccellente "photo opportunity" - non è stata concordata con le potenze regionali e globali (la Russia sponsor di Haftar assieme all'Egitto), né con le milizie che spadroneggiano in Libia. Sarraj poi si era presentato a La Celle Saint-Cloud senza un mandato. Anche i Fratelli musulmani, che attraverso il "Partito giustizia e costruzione" avevano applaudito alla roadmap presentata di recente dal premier, hanno respinto l'intesa di Parigi.

L'impegno a tenere elezioni presidenziali "il prima possibile" non indica una data limite e quindi non va oltre le mere indiscrezioni sull'obiettivo del marzo prossimo emerse dal vertice di Abu Dhabi del maggio scorso, quello con una foto insieme, ma senza stretta di mano, né comunicati congiunti. Per indirle infatti serve la maggioranza dei due terzi del parlamento che, a Tobruk, in genere vede sedersi una metà dei deputati. Pesano poi le eclatanti ambizioni politiche di Haftar lasciate trasparire anche oggi in interviste in cui ha elogiato i vantaggi di un "regime presidenziale" e prospettato un ruolo persino per Saif Al Islam, il figlio dell'ucciso dittatore Muammar Gheddafi.

Pericoloso è soprattutto però il capitolo milizie che solo apparentemente sembra risolto con l'intesa sul "cessate il fuoco" e una sorta di amnistia per quelle che acconsentiranno di entrare nei ranghi di Haftar, della polizia o di ritornare alla vita civile. Il generale, rafforzato da successi nel centro-sud del paese e a Bengasi, come da testo dell'accordo si riserva di combattere contro i "terroristi": termine però con cui di solito indica anche le milizie che presidiano Tripoli e soprattutto quelle di Misurata al seguito del terzo incomodo della crisi libica, l'ex-premier Khalifa Ghweil.

Questo resta il caos libico in cui l'Italia, assieme all'Ue, comunque è riuscita ad impostare una collaborazione per cercare di frenare la falla attraverso cui si riversa la disperazione del continente africano: con motovedette restituite alla Guardia costiera per bloccare migliaia di migranti alla deriva, con l'imminente rimodulazione dell'operazione Mare sicuro in acque territoriali libiche. Inoltre si è appreso che il capo dell'operazione europea Sophia, l'ammiraglio Enrico Credendino, sarà a Tripoli il primo agosto nell'ambito dei lavori sul nuovo piano operativo dell'operazione. (ANSA)

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