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Per la Catalogna è la settimana del non ritorno

Mercoledì voto legge referendum, poi uscita da legalità spagnola

05 settembre 2017, 11:59

Redazione ANSA

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© ANSA/EPA

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(di Francesco Cerri) (ANSAmed) - BARCELLONA, 5 SET - "Alea jacta est" potrà dire fra tre giorni il 'President' catalano Carles Puigdemont: Barcellona è entrata nella settimana che segnerà un punto di non ritorno nello scontro con Madrid sull'indipendenza e sul referendum annunciato per il 1 ottobre. Domani, con un blitz di procedura dei deputati secessionisti che hanno la maggioranza assoluta nell'assemblea catalana, il 'Parlament' approverà in poche ore la legge di convocazione del referendum, che per Madrid è illegale e anticostituzionale. I partiti 'unionisti' per protesta lasceranno l'aula. La sera stessa si prevede che Puigdemont firmi il decreto di convocazione, che sarà controfirmato da tutti i ministri del 'govern' catalano. Un modo per diluire le responsabilità davanti alle minacce di processi, destituzioni, sanzioni penali e patrimoniali venute da Madrid. Nel giro di 24 ore il premier spagnolo Mariano Rajoy denuncerà la legge alla Corte costituzionale, che immediatamente, come ha fatto in tutti i ricorsi anti-indipendenza la sospenderà. A quel punto Puigdemont e il suo governo si troveranno a un bivio. Obbedire alla legge spagnola, e fermare la macchina del referendum. O diventare 'fuori legge' in nome della nuova 'legalità catalana' e andare avanti. Hanno già chiarito che è quello che faranno. "Si è già a un punto di non ritorno" avverte l'analista Inaki Gabilondo. Da giovedi o venerdi probabilmente lo scenario catalano si farà incandescente, e imprevedibile, fra le due granitiche certezze di facciata contrapposte di Puigdemont ("il primo ottobre si vota!") e Rajoy ("il referendum non si farà!").

Sarà uno scontro alla Davide-Golia. Rajoy ha tutta la forza dello stato - polizia, magistrati, esercito - e anche la "arma atomica" dell'art. 155 della costituzione, che gli consente di sospendere e destituire Puigdemont e l'autonomia catalana.

Il rischio però, in caso di uso eccessivo della forza - recintare i seggi, sequestrare le urne, o decapitare le istituzioni catalane - è un appannamento dell'immagine della Spagna nel mondo a 40 anni dalla morte del dittatore Franco.

Anche perché molti non capiscono perché quanto è stato possibile in Scozia - un referendum di autodeterminazione - sia illegale in Catalogna. Domenica prossima, il giorno della festa nazionale catalana della Diada, sarà pure un momento cruciale nella prova di forza fra i due fronti. Il popolo indipendentista scenderà in piazza in difesa del referendum. Se saranno milioni, come spera Puigdemont, Madrid dovrà riflettere.

Ieri Rajoy ha detto che agirà "con intelligenza e fermezza" per impedire la "truffa" del referendum, senza fornire indizi.

Una prima mossa potrebbe essere il sequestro delle 6mila urne che Puigdemont ha detto di avere già, ma che nessuno ha visto né sa dove si trovino. Puigdemont ha replicato annunciando che l'agenzia tributaria catalana subentra a quella dello stato nella raccolta di tutte le imposte: prima colonna della futura 'repubblica catalana'? (ANSAmed).

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