Le ordinanze "anti-profughi", così definite dalle associazioni, si erano diffuse principalmente nell'agosto scorso nei comuni delle province di Milano, Brescia, Bergamo, Lecco e Varese e definivano, secondo l'Asgi, "il fenomeno migratorio come un pericolo per la sicurezza e la salute pubblica". Le ordinanze imponevano "a privati e associazioni, senza alcuna ragionevole motivazione, oneri di comunicazioni ai comuni che violano la libertà contrattuale dei privati", come ad esempio "la mera intenzione di stipulare un contratto di locazione" per ospitare richiedenti asilo, migranti o rifugiati. In alcuni casi era "addirittura richiesta una relazione quindicinale sulle condizioni sanitarie degli ospiti, in violazione di elementari principi di tutela della privacy", sottolinea l'Asgi, che insieme ad altri gruppi avevano fatto ricorso e chiesto l'intervento dei prefetti delle province. Dopo tali segnalazioni, il Prefetto di Milano, in una lettera inviata alle amministrazioni rientranti nel territorio di sua competenza, ha segnalato "forti dubbi di legittimità" delle ordinanze.
A fronte dei ricorsi, le associazioni comunicano che la quasi totalità dei comuni ha fatto quindi marcia indietro sulle ordinanze. Secondo le organizzazioni, anche le motivazione delle revoche "dimostrano la mancanza di motivati e sostanziali elementi su cui gli amministratori locali hanno basato le loro decisioni".
Nelle lettere di revoca dei comuni quali Seriate, Piancogno, Lazzate, Oggiono, Pontevico, Marone e Capriano del Colle, c'è "chi non ritiene di dare spiegazioni", chi motiva il provvedimento con la "riduzione del numero di sbarchi", chi invece perché l'ordinanza "non ha trovato applicazione concreta".
Le associazioni parlano di "soddisfazione" per le revoche e chiedono ai comuni di intraprendere "un percorso di gestione dell'accoglienza con lucidità, concretezza, e soprattutto nel rispetto della legalità, così clamorosamente violata in questa vicenda".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA