(di Paolo Paluzzi)
Crolla l'affluenza e si affermano i
candidati indipendenti. Questo l'esito del primo turno delle
elezioni presidenziali tunisine. In attesa dei risultati
ufficiali, i primi exit poll registrano l'affermazione al 19,5%
del giurista indipendente Kais Said, seguito al 15,5% dal
magnate Nabil Karoui, in carcere con le accuse di riciclaggio e
evasione fiscale. Al terzo posto il candidato del partito
islamico Ennhadha, Abdelfattah Mourou con l'11,0%, seguito dal
ministro della Difesa dimissionario, Abdelkarim Zbidi con il
9,4%, il premier uscente Youssef Chahed con il 7,5%.
E' la sconfitta dei partiti tradizionali e la vittoria degli
indipendenti, del populismo, di coloro che sono riusciti ad
intercettare il malcontento e a riempire il vuoto lasciato dalla
famiglia centrista, dalla sinistra e anche dai partiti islamici,
tutti incapaci di dare risposte dirette ai bisogni dei cittadini
in un periodo di grave crisi economica. Di fronte ad un'offerta
politica mai così varia (24 erano i candidati), scomparsa dal
panorama politico tunisino la marcata contrapposizione tra campo
islamista e progressista, in un clima di disincanto sociale ed
economico, l'elettorato ha premiato dunque i movimenti
populisti, i candidati che sono riusciti a creare un contatto
diretto con la gente.
In quest'ottica va letto anche il crollo del tasso di
partecipazione alle urne (45,2%) che, se da un lato pone la
Tunisia al pari delle democrazie più evolute, dall'altro
testimonia il rapido distacco dei cittadini dalla politica
nell'arco di soli 8 anni dalla cacciata di Ben Alì. Il
disincanto e le promesse non mantenute dalla rivoluzione del
2011 hanno fatto sì che gran parte dei giovani senza lavoro non
si sia recata alle urne. Il numero esorbitante di candidati
potrebbe inoltre aver contribuito al disorientamento degli
elettori, dopo una campagna elettorale carente di contenuti,
nella quale si è parlato poco di programmi e questioni pratiche.
Kais Said, classe 1958, costituzionalista, indipendente,
soprannominato "robocop" per il suo modo forbito di parlare in
arabo senza alcuna inflessione, conservatore, è riuscito a
parlare alla gente proponendo un programma di misure sociali e
diritti per tutti. Si dichiara favorevole alla pena di morte,
contrario alla depenalizzazione dell'omosessualità e al progetto
di legge sulla parità uomo-donna in tema ereditario, ma "non
islamista" per sua stessa ammissione. Propone un programma di
risanamento delle istituzioni statali e maggior rigore
nell'applicazione delle riforme per una rapida ripresa
economica. Esultano intanto al quartier generale di Karoui,
considerando il fatto di arrivare al ballottaggio una vittoria.
Karoui, 56 anni, patron di Nessma Tv, ha costruito la sua
popolarità percorrendo in lungo e in largo il paese e
distribuendo aiuti con la sua associazione caritativa Khalil
Tounes, diventando una sorta di catalizzatore di solidarietà
sociale. "Karoui ama il popolo, ama i poveri", diceva di lui
oggi la gente fuori dai seggi. Per la classe popolare, osservano
gli analisti, Karoui non estorce i voti ai poveri ma è uno che
tenta di compensare le lacune dello Stato. Uno Stato che non è
riuscito a dare a loro ciò che desideravano. La notizia insomma
è che a passare al secondo turno sarà un candidato a tutt'oggi
ancora in custodia cautelare preventiva, in sciopero della fame
per protesta, che si è definito "prigioniero politico" e che ha
accusato apertamente l'esecutivo per il suo arresto. Una
situazione inedita che fa riflettere anche in Tunisia sui
delicati rapporti tra magistratura e politica ma soprattutto sul
fatto che proprio il suo arresto alla vigilia della campagna
elettorale abbia rappresentato il volano nella sua corsa verso
il Palazzo di Cartagine. (ANSA)
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