Moltissimi Paesi europei - tra cui Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna - hanno deciso ieri di espellere in modo coordinato i rappresentanti diplomatici di Damasco, dichiarandoli 'persona non grata'. Stessa cosa hanno fatto gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia. In una nota diffusa a Washington, la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Victoria Nuland, ha precisato che l'incaricato d'affari siriano (l'ambasciatore era già stato richiamato a Damasco per consultazioni) ha 72 ore di tempo per lasciare gli Stati Uniti.
Mentre il presidente francese, Francois Hollande, ha annunciato l'espulsione dell'ambasciatrice siriana (che di fatto non lascerà il Paese in quanto è anche ambasciatrice all'Unesco) e l'organizzazione della terza conferenza degli "Amici del popolo siriano" a inizio luglio a Parigi. In sintonia con la Casa Bianca, anche Hollande non ha escluso un intervento militare contro il regime di Assad. "A condizione che si faccia nel rispetto del diritto internazionale e con l'avallo del Consiglio di sicurezza" dell'Onu, ha precisato. Assad "é l'assassino del suo popolo. Deve lasciare il potere", ha detto il capo del Quai d'Orsay, Laurent Fabius, intervistato dal quotidiano Le Monde.
Mentre il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha scritto su twitter che "dopo gli orrori di Hula", l'espulsione degli ambasciatori rappresenta un "messaggio forte e inequivocabile al regime di Damasco. Basta violenze". "Una cosa è chiara e non solo dal massacro di Hula: con Assad la Siria non ha alcun futuro. Si deve fare strada a un cambiamento pacifico", ha commentato il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle.
Mentre il suo collega spagnolo, José Manuel García-Margallo, ha puntato il dito contro l'"inaccettabile repressione" del regime siriano e ha anche rinnovato l'appello a Damasco a "cogliere l'occasione offerta dal piano Annan". In un duro e significativo intervento, anche il premier islamico conservatore turco Recep Tayyip Erdogan ha avvertito Assad che la pazienza della comunità internazionale ha "un limite". Parlando davanti al gruppo parlamentare del suo partito, l'Akp, Erdogan ha denunciato il "disumano massacro" di Hula, attribuito ieri dall'Onu alle milizie filo-Assad. Il premier turco ha denunciato la "crudeltà" del regime, avvertendo che "c'é un limite alla pazienza e, grazie a Dio, anche alla pazienza del consiglio di sicurezza Onu". Mentre il Consiglio nazionale siriano (Cns), il principale movimento di opposizione al regime di Damasco, ha salutato l'espulsione dei diplomatici, chiedendo che il Consiglio di Sicurezza autorizzi il ricorso alla forza contro il regime.
Prospettiva - almeno al momento - irrealizzabile per il veto di Cina e Russia, alleati di Damasco. La maggior parte dei Paesi occidentali, avevano già chiuso le loro rispettive rappresentanze diplomatiche a Damasco durante la repressione a Homs da parte delle truppe filogovernative siriane. Al di là del massacro di Hula - le testimonianze dei sopravvissuti raccolte dall'Onu parlano di vere e proprie 'esecuzioni sommarie' - in Siria la repressione del regime miete vittime tutti i giorni, nonostante l'entrata in vigore (molto teorica), lo scorso 12 aprile, del 'cessate il fuoco' compreso nel piano Annan. In 14 mesi, le violenze hanno causato la morte di 13mila persone, di cui 1.800 dal 12 aprile, secondo i dati dell'osservatorio siriano sui diritti umani.(ANSAmed).