Se il proibizionismo ''Made in Usa'' affondava le sue radici in un mix fatto di integralismo religioso e la necessità del potere di dare di sè - sul fronte interno - un'immagine di fermezza, in Algeria a prevalere sembra siano le motivazioni che in qualche modo affondano le loro motivazioni nella tradizione religiosa, in un Paese che, peraltro, a parole dice di non volersi fare condizionare dai rigurgiti integralisti, sempre in agguato.
Secondo alcune recenti statistiche, l'Algeria è il Paese maghrebino dove le vendite di prodotti alcolici sono più alte.
Un fenomeno che però le autorità sembra - che certo hanno ben presente i problemi per la salute pubblica - mettano alla base anche di episodi di violenza metropolitana, individuandolo, quindi, come un anello della catena sociale da colpire ed eliminare per il bene comune.
Ma, in Algeria come nel resto dei Paesi del mondo, una misura amministrativa, sia pure accompagnata dal rinnovato rigore chiesto alle autorità di polizia, se viene a toccare abitudini e consuetudini avrà vita durissima per potere essere realmente efficace. L'offensiva contro le vendite e i depositi di bevande alcoliche sta interessando tutto il Paese e a confermarlo bastano i rapporti di polizia che, nel solo mese di dicembre, segnalano sequestri anche molto ingenti ad Orano, Oum-El-Bouaghi, El Oued, Tébessa, El Bayadh, Bouira, M'Sila. Ma a tali statistiche sfuggono le zone urbane, dove, come è naturale che sia, i consumi sono più alti. Battaglia vinta, quindi? No, almeno al momento perchè chi sino a ieri aveva venduto, senza alcun problema, liquori (tra cui il cognac, che sembra godere della maggioranza delle preferenze), si sta attrezzando per eludere controlli e sequestri. Un vero e proprio mercato parallelo che, se le universali leggi del mercato saranno rispettate anche in Algeria, si tradurrà in un innalzamento dei prezzi e, quindi, in un margine di guadagno ben più alto per commerciante ed esercenti. Anche perchè in qualche modo chi vende si deve rifare delle perdite subite dai sequestri, che si traducono in migliaia di dinari al giorno.