Così non è, perchè il processo, che si celebrerà a Nimes, rischia di essere deflagrante in Algeria, dove il comune pensare lega le violenze del decennio nero solo agli atti dei terroristi islamisti ed alla repressione dell'Esercito, e non invece anche alle feroci milizie paramilitari che spesso si fecero carico di quel ''lavoro sporco'' che esiste in tutte le guerre e che si cerca di seppellire, una volta raggiunta una parvenza di pace. Hocine e Abdelkader Mohamed, che ora vivono in Francia, nei primi anni Novanta, agirono nella cosiddetta ''milizia di Relizane'', gruppo armato (per taluni, al soldo del potere) che si scatenò contro gli islamisti. Ma non contro i guerriglieri, quasi tutti rifugiatisi nei maquis, quanto contro le loro famiglie, fatte oggetto di omicidi, stupri, sparizioni. Una guerra sul campo e per niente dichiarata che, nella sola Relizane, avrebbe fatto 200 vittime, tra omicidi e 'desaparecidos' (alcuni dei quali trovati in fosse comuni).
Quando l'Algeria volle chiudere il doloroso capitolo della guerra civile (perchè tale fu) compì un passo coraggioso e, però, forse anche ingiusto, concedendo il perdono a coloro che, combattendo sull'altra parte della barricata, decisero di denunciare il proprio passato e di consegnarsi al potere giudiziario, cancellando così colpe anche imperdonabili.
La Carta della Riconciliazione ha consentito di ridare a chi della Guerra civile fu protagonista la possibilità di renserirsi nella società, a patto di accettare la sovranità dello Stato.
Anche se, negli anni, ci sono stati casi di chi, fruendo del perdono, ha poi ripreso le armi.
La legislazione premiale ha quindi sostanzialmente chiuso la strada a qualsiasi processo in Algeria a chi si è macchiato di delitti anche gravi, così da considerare concluso quel capitolo della lotta islamista, poi ripropostasi, ma con altre basi religioso-idelogiche. Ma ora con il rinvio a giudizio dei fratelli Mohamed (la giustizia francese può avviare inchieste a carico di chi risiede nel Paese e s'è macchiato in patria di gravi delitti), l'Algeria sarà costretta a fare i conti con il suo passato ed ammettere che, paradossalmente per la 'storia ufficiale', anche gli islamisti ebbero i loro martiri: mogli, figli, fratelli, colpevoli solo di non denunciare i loro congiunti in armi nelle foreste dell'interno del Paese.
(ANSAmed).