Già da mesi gli analisti algerini per così dire non allineati sulle strategie messe in essere dal governo hanno lanciato più d'un grido d'allarme sostenendo che le politiche sin qui portate avanti devono necessariamente essere sottoposte ad una robusta revisione al ribasso, pena il blocco dell'intera macchina statale. Previsioni che, troppo pessimistiche o meno che possano apparire, traducono quella che è la percezione generale, ovvero che l'Algeria ha scommesso troppo sul petrolio (ed anche sul gas naturale) considerandolo una fonte inesauribile di royalties, mentre avrebbe dovuto adoperarsi, con un pizzico di lungimiranza, a dotare il Paese di altre fonti di guadagno.
A chiedere all'Algeria una netta inversione di tendenza sono anche le istituzioni economiche internazionali, come la Banca mondiale che, per bocca del responsabile della regione Mena, Shanta Devarajan, ha invocato una decisa e sollecita riduzione delle spese, ricordando che i piani di investimento interno sono stati redatti quando il prezzo di un barile di greggio era di 80/85 dollari, mentre oggi è piombato sotto quota 60 dollari.
Si potrebbe dire che tale condizione è comune a tutti i Paesi produttori, ma è solo una verità virtuale perchè, ad esempio, l'Arabia Saudita subisce anch'essa il crollo dei prezzi del greggio, ma con una base finanziaria di circa 900 miliardi di dollari che la mette al riparo, almeno nel breve periodo, dal dovere prendere deprecabili misure economiche.
(ANSAmed).