I primi Paesi a dovere sostenere l'offensiva soprattutto mediatica dell'Isis sono Tunisia ed Algeria, ovvero quelli che vegliano ai confini occidentali della Libia e che, ciascuno con diversa intensità, conducono da tempo una battaglia contro gli islamisti di casa propria. Pur se i timori sono essenzialmente eguali, gli scenari sono nettamente diversi. In Algeria, dopo la guerra civile dei sanguinosi anni '90, gruppi islamisti agiscono soprattutto al sud, in zona poco abitate se non addirittura costretti nelle foreste e negli altipiani, sotto la spinta dell'Esercito, mai tenero con i terroristi. In Tunisia le formazioni jihadiste (filiazione prima dei salafiti e quindi degli ancor più estremisti takfiristi) sono meno organizzate, ma cercano spazi e soprattutto leadership. Che, secondo quanto sta accadendo in questi giorni, stanno andando a cercare in Libia, di fatto mettendo le loro armi a disposizione dei locali rappresentanti dell'Isis. E sarebbero circa 500 i combattenti dell'Isis tornati nel Paese, ha lanciato l'allarme il segretario di Stato presso il ministero dell'Interno tunisino incaricato della sicurezza nazionale.
L'Algeria, per parte sua, affronta da tempo un gigantesco sforzo per mettere in sicurezza le sue frontiere che, a questo punto, significa non solo evitare che dall'esterno giungano terroristi, quanto impedire che miliziani algerini si uniscano a quelli di Paesi vicini, come appunto la Libia, col rischio di creare una sacca di integralismo capace di esplodere,espandendosi incontrollatamente. Le frontiere libico-algerine sono ormai sigillate e i gruppi terroristici (che almeno al momento riconoscono come guida lo sceicco Drourkdel, legato ad al Qaida) restano un problema, ma che si può gestire e controllare senta timori di contagi dall'esterno. Ma il problema non è affatto sottovalutato tanto che la frontiera con la Libia è, insieme ad Algeri, la zona maggiormente controllata. Cosa che si traduce, nei fatti, in una gigantesca opera di militarizzazione delle regioni interessate.
Ma è innegabile che la crescita della presenza dell'Isis in Libia sta agitando i governi di Tunisi ed Algeri, pur se si tiene ben presente che il califfato raggiunge i suoi massimi risultati in Paesi dove la presenza dello Stato è quasi virtuale (come in Siria ed in Iraq), quando addirittura (come in Libia) di fatto non esiste più. Situazioni che non sono affatto assimilabili a quelle di Algeria e Tunisia, peraltro a maggioranza sunnita, come lo è il califfo al Baghdadi. Ma il fascino che il califfato sembra esercitare sulle frange più integraliste dell'islam ormai non mette più al riparo nessuno.
(ANSAmed).