Quanto sta accadendo - ovvero la svalutazione strisciante - non è conseguenza del confronto sui mercati internazionali tra il dinaro e le valute di riferimento (dollaro, euro, sterlina), ma da decisioni che vengono adottate dalla Banca centrale algerina. Tali valutazioni sono adottate grazie ad un meccanismo di fluttuazione controllata, conseguenza della valutazione di parametri che hanno nel prezzo (in dollari) del petrolio l'elemento più importante. Ed è di tutta evidenza che sta proprio nel prezzo dell'oro nero, che si sta ora assestando (tra i 60,50 dollari al barile del Wti ed i 66,81 del brent) comunque in netto ribasso rispetto ad un anno fa, dopo mesi di caduta libera.
Ma, per le istituzioni internazionali, il dinaro è ancora sopravvalutato, tanto che per il Fondo monetario il rapporto con l'euro dovrebbe essere di 1 a 120, mentre quello attuale è di 1 a 111,7774.
Secondo alcuni analisti e, soprattutto, stando ad autorevoli esponenti della finanza algerina (come l'ex governatore della Banca d'Algeria, Abderrahmane Hadj Nacer, che ha affidato le sue riflessioni al sito Tsa, poco gradite dal suo successore, Mohamed Laksaci) la caduta del dinaro sembra destinata a proseguire. Ed in questo, secondo pareri in qualche modo coincidenti, le istituzioni finanziarie algerine poco o nulla possono fare essendo l'economia nazionale condizionata (ma si potrebbe anche definirla ostaggio) da quel che accade sui mercati mondiali che decidono i prezzi del petrolio. Insomma, pur essendo un grande esportatore ed avendo basato la propria economia in grandissima parte sugli idrocarburi, l'Algeria è quasi uno spettatore mentre a decidere il prezzo del petrolio sono le grandi speculazioni internazionali. Tutto questo non dimenticando che l'Algeria paga una bolletta salatissima per fare fronte, con le importazioni, alle esigenze del mercato interno. (ANSAmed).