Fu un errore perchè l'Algeria - con uno schema che in fondo si è andato replicando in tempi più recenti - aveva sì ripreso la propria libertà, ma non aveva ancora la classe politica, economica ed amministrativa capace di gestire la nuova condizione di un Paese uscito dal colonialismo e che forse non aveva gli uomini capaci di gestire la transizione. Quell'epopea durò per un tempo brevissimo, perchè, dopo appena due anni di presidenza, il 19 giugno del 1965, il presidente Ahmed Ben Bella fu defenestrato da un oscuro colonnello, Houari Boumédiene, esponente di un gruppo di militari che vollero fermare una deriva politica per loro intrisa di pericolose contaminazioni rivoluzionarie. Il golpe fermò il corso politico della Rivoluzione per creare un regime autoritario, in cui le libertà personali erano compresse ed in cui vigeva il sistema del partito unico, che anche oggi si manifesta in tutte le sue contraddizioni, seppure in presenza di competitors sulla scena politica.
Il golpe che depose Ben Bella (che l'allora capo di stato maggiore Tahar Zbiri definì, crudemente, come "la fine della commedia") fu attuato con enorme facilità perchè nessuno ebbe la forza di contrastarlo, in un quadro in cui i militari - eredi consacrati dei combattenti dell'Indipendenza - avevano carta bianca. La casta militare si impossessò di tutti i posti di potere disponibili, creandoli se non ve ne erano. Una presenza che rimane evidente anche oggi, perchè è giudizio comune che tutti i presidenti che si sono alternati alla guida dell'Algeria dopo la morte di Boumédiene (dicembre 1978) sono diventati tali perchè sostenuti dai militari. E nemmeno Abdelaziz Bouteflika (che partecipò al rovesciamento di Ben Bella) si è sottratto a questo destino. Se, sino ad oggi, l'Algeria ha visto questa presenza ingombrante dei militari come un prezzo politico da pagare, ora il Paese sembra interrogarsi se, dopo cinquant'anni, sia ancora giusto proseguire lungo una strada di distorsione delle regole della democrazia. Soprattutto per un'Algeria devastata da un evidente stallo politico e sul crinale di una pericolosissima crisi economica. Ma l'idea di un "uomo solo al comando" resta sempre attuale per un Paese che tende a personalizzare il potere, ben sapendo che esso è derivato da una casta che non intende uscire di scena (come recenti iniziative dal capo di stato maggiore, viceministro della Difesa e uomo forte del governo Sellal, Ahmed Gaïd Salah, hanno fatto capire).
Anche a rischio di accompagnare il Paese verso il baratro.
(ANSAmed).