Nel corso della conferenza sta emergendo la necessità di guardare al 'problema terrorismo' non al suo insorgere ed al suo manifestarsi, ma prima, quando ancora c'è un margine per disinnescarlo, adottando programmi che prevedano, ad esempio, la formazione specifica di imam che, con la predicazione, sradichino, al suo primo manifestarsi, le pulsioni integraliste.
Abdelkader Messahel, ministro algerino dei problemi del Maghreb, intervenedo alla conferenza, ha sostenuto con forza questa interpretazione, dicendo che quando l'integralismo non viene prevenuto e, quindi, non viene affrontato con l'efficacia necessaria, esso germina la malapianta del terrorismo, che provoca i drammi che, ormai quotidianamente, sono sotto gli occhi del mondo intero.
Ma, ha detto il ministro Messahel, bisogna distinguere tra ''l'Islam, religione di pace, di tolleranza e di apertura, e l'estremismo in tutte le sue manifestazioni e di cui il terrorismo è appunto una forma di espressione''.
Gli esperti alla conferenza di Algeri hanno lanciato un allarme: non si può avere un approccio comune e 'precostituito' nella lotta al terrorismo. Cioè, ogni forma di integralismo islamico armato può avere connotazioni originali che impongono azioni di contrasto che tengano conto di questo, E' quindi necessario evitare l'adozione di misure avventate o inefficaci, che, alla lunga, possono dimostrarsi controproducenti quando, addirittura, non contribuiscono a creare le condizioni per l'espandersi del cancro della violenza. (ANSAmed).