Questo percorso visivo, sociale e politico è protagonista della mostra 'Made in Algeria. Genealogia di un territorio', al Mucem di Marsiglia, realizzata insieme alla Bibliothèque nationale e l'Istituto nazionale di storia dell'arte. Si parte dal territorio 'Visto da lontano' che gli eserciti francese, spagnolo o maltese scrutano dalle loro navi tentando di riprodurne su carta golfi e insenature, aree rocciose e spiagge, città e fortificazioni. Un periodo dominato dall'esotica immagine di 'Algeri la bianca', con le case basse arrampicate su una collina a picco sul mare, ammirata dal largo e ritratta in incisioni e dipinti da chi sogna di farla sua.
A trasformare il desiderio in realtà, aprendo così un nuovo capitolo della storia, sono nel 1830 i francesi, che sbarcano nella penisola di Sidi-Ferruch, conquistano Algeri e lanciano una campagna militare per estendere il loro controllo nelle altre città del Paese, da Medea a Mascara a Costantina. E la fase del "Tracciare il territorio", raccontata dai grandi quadri celebrativi di Théodore Gudin, Siméon Fort e Adrien Dauzats.
Opere dai toni romantici e pre-impressionisti, che per la prima volta lasciano il castello di Versailles dove da decenni, complice la scarsa voglia della Francia di parlare del suo passato coloniale, sono confinati in spazi chiusi al pubblico. L'ultima sezione è dedicata all'Algeria colonia di popolamento, che la Francia reinventa a sua immagine e somiglianza e trasforma in una scacchiera di lotti agricoli da mettere all'asta tra operai e padri di famiglia in cerca di una nuova vita, relegando ai margini la popolazione locale. E' la stagione degli "atlanti coloniali", delle cartine per viaggiatori avventurosi che vogliono sfidare "le piste del Sahara", delle tavole transalpine imbandite di prodotti algerini. A chiuderla, dal 1954 al 1962, sarà la tragedia della guerra d'indipendenza, che lascerà un'Algeria libera ma profondamente segnata, diventata terra da far rinascere per molti socialisti internazionalisti e utopisti di ogni genere, tra cui anche Oscar Niemeyer, le cui realizzazioni in terra algerina sono ritratte in una serie di foto nella sala conclusiva dell'esposizione. (ANSAmed)