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Amara Lakhous, per giovani Maghreb patria solo una prigione

Migrare protesta anti-corruzione, ultima speranza per loro sogni

01 settembre, 09:31

Lo scrittore algerino Amara Lakhous Lo scrittore algerino Amara Lakhous

(di Luciana Borsatti)

ROMA - "Emigrare per i giovani algerini, tunisini, marocchini ed egiziani è l'ultima speranza per realizzare i loro sogni di una vita migliore. Per loro, la patria è soltanto una grande prigione". A parlare è Amara Lakhous, scrittore algerino che ha visstuo 20 anni in Italia, e autore per E/O di libri come "Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio" - tradotto in francese (Actes Sud e Barzakj), in olandese (Mistral), in inglese (Europa Editions -New York) e in tedesco (Wagenbach) - e "Divorzio all'islamica a viale Marconi" (E/O), versione italiana di un romanzo già pubblicato in arabo in Libano.

Lakhous ha anche collaborato alla sceneggiatura di "Taranta on the Road" di Salvatore Allocca, film appena uscito nelle sale italiane e incentrato, con lo stile della commedia, su due giovani tunisini appena sbarcati in Italia con le grandi ondate di migranti seguite alla rivoluzione del 2011 che scalzò il presidente Ben Ali ed alla stagione delle rivolte arabe. I due - interpretati da Nabiha Akkari e Helmi Dridi, entrambi residenti in Francia e di origine tunisina - vogliono in realtà raggiungere lei la Francia e lui Londra, e si trovano a percorrere il loro viaggio verso nord - insidiato dai controlli di polizia alla caccia di clandestini - con l'aiuto di una 'band' un po' scalcagnata di giovani musicisti italiani. Per trovarsi alla fine 'catturati' da vicende del tutto impreviste e dai ritmi della 'taranta', un genere musicale del Salento, nella regione meridionale della Puglia, che continua la tradizione popolare della 'pizzica': una danza molto ritmica che liberava le donne che si credevano morse da un ragno (la ''taranta' o tarantola, appunto), che era in realtà metafora di un disagio psicopatologico che cosi' si manifestava in quelle comunità rurali e venne studiato come fenomeno di antropologia culturale da Ernesto de Martino negli anni '50 e '60. Ma nel film è anche ben presente il tema della volontà della protagonista di affrancarsi dal tradizionalismo e dal maschilismo dalla società tunisina, ora sostenuti anche dal riaffacciarsi sulla scena sociale e politica dell'islam di impronta salafita.

Il film ha un lieto fine, favorito dall'accoglienza della 'taranta' e della gente del sud. Ma ai tunisini e algerini che vogliono partire - chiediamo ad Amara Lakhous -, cosa direbbe sul loro probabile futuro, una volta giunti in Europa?

"Il film si inserisce nel genere della commedia - risponde lo scrittore -. Penso che la commedia come approccio narrativo sia più efficace del genere drammatico. Il film è una riflessione sul sogno. Immigrare per i giovani algerini, tunisini, marocchini ed egiziani è l'ultima speranza per realizzare i loro sogni di una vita migliore. Per loro, la patria è soltanto una grande prigione".

Quanto e' forte ancora la spinta a partire fra tunisini e algerini, i cui governi sono molto rigidi nei controlli? "La spinta è sempre forte. Emigrare per questi giovani è un atto di protesta contro la corruzione delle classe dirigenti".

Cosa è cambiato dalla primavera del 2011, quando l'Italia visse come una vera emergenza gli arrivi sulle sue coste e in particolare a Lampedusa, nel modo di affrontare le grandi ondate di sbarchi? "La situazione è peggiorata molto. Ogni volta diciamo che abbiamo toccato il fondo, ma il peggio forse deve ancora arrivare. E la Ue ha fallito, abbandonando l'Italia".

Amara Lakhous è nato ad Algeri nel 1970 in una famiglia berbera, ed il multilinguismo - tra berbero, arabo e francese - è stata una sua caratteristica fin dall'infanzia. Dopo la laurea in filosofia ad Algeri collaborò con la radio algerina, subendo minacce come tanti amici e colleghi. Nel 1995 decise di lasciare l'Algeria perché, come dice, "ero stanco di aspettare il mio assassino". Due anni prima erano cominciati il terrorismo e la sanguinosa guerra civile algerina. Ora vive da tre anni a New York. 

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