S. (e non sarà un caso che non venga mai nominato con il suo nome) si è ficcato in testa di trovare Abou Leila e questa ricerca diventa presto, nella sua mente vacillante, una vera e proprio ossessione. Quanto a Lofti il suo unico obiettivo è portare l'amico lontano dalla capitale, proteggerlo, dissuaderlo dal suo pericoloso sogno. Perché non è detto che quando sarà faccia a faccia con il killer invisibile S. non voglia distruggerlo per porre fine alla sua ossessione. Ma la verità potrebbe essere anche altrove: Abou Leila non esiste se non nella mente di S. e il viaggio può non avere che una conclusione. Sotto il sole cocente, isolati rispetto al resto del mondo, i due amici scoprono la violenza che vive in loro ed esorcizzarla non sarà facile.
Il cinema mediterraneo, quello che guarda ai violenti sussulti di una società divisa tra modernità e antichi archetipi si muove quasi sempre per metafore o grandi racconti popolari. E nell'Algeria di oggi, devastata da scontri e rabbie che si nutrono del fanatismo religioso, affrontare un soggetto del genere non deve essere stato facile per il giovane autore.
Grazie al sostegno del Doha Film Institute e al contributo di servizi e capitali francesi, il film mette in mostra una qualità visiva davvero sorprendente e la sicurezza con cui il suo autore controlla la materia, senza mai che la noia o l'estraneità attraversino lo spettatore occidentale fa di Abou Leila un film con oggettivo potenziale anche sui mercati occidentali. Ma è soprattutto la sua regia, sobria ma mai minimalista e la bellezza del monumentale scenario in cui si dipana la storia che potrebbero colpire i giurati della Caméra d'or, pur in un concorso sovrabbondante di titoli.(ANSAmed).