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Londra: donne e veli; ecco la saudita, ma per lei parla uomo

Storica presenza judoka,che perde ed e' ammutolita da dirigente

03 agosto, 17:24

(dell'inviato Alberto Zanconato) (ANSAmed) - LONDRA, 3 AGO - Quasi immobile sul tatami.

Timorosa e ammutolita davanti all'assalto dei giornalisti dopo il combattimento, con un dirigente - uomo - che parla al suo posto per dire quanto è "orgogliosa".

Per le Olimpiadi sarà anche stata una giornata 'storica', con il debutto della prima atleta saudita. Ma l'interessata, la judoka Wojdan Shaherkani, è parsa schiacciata da una responsabilità più grande di lei e dei suoi 18 anni e stordita dal clamore di una disputa idelogico-religiosa che per settimane ha tenuto banco a livello mondiale. Al centro della contesa - occasione propagandistica non sgradita per questi Giochi - era il modo in cui l'atleta avrebbe dovuto coprirsi i capelli per rispettare la tradizione del velo islamico. I sauditi chiedevano che alla Shaherkani fosse permesso scendere sul tatami con l'hijab, la Federazione judo internazionale poneva il veto, affermando che l'atleta poteva correre anche il rischio di rimanere strangolata. Il compromesso che ha salvato la moralità islamica e le esigenze di sicurezza é stato trovato su una specie di cuffia - opportunamente griffata da una stilista olandese - con la quale la judoka si è presentata nell'arena dell'Excel, trasformata suo malgrado in fenomeno mediatico e accolta dal boato di incitamento del pubblico.

"Sì, avevo molta paura", ammetterà alla fine l'atleta nelle dichiarazioni raccolte dagli addetti stampa dell'organizzazione e diffuse solo per iscritto. E si vedeva. Non più di un minuto e 22 secondi di lenta danza surreale con la portoricana Melissa Mojica, che alla fine la stende con un Ippon, per poi liquidare con poche parole la questione del velo islamico: "Per me Hijab o non Hijab non fa alcuna differenza, adesso devo pensare alla prossime avversarie".

Poi per la folla di giornalisti di tutto il mondo, qui solo per la saudita, inizia l'attesa di poter parlare con la ragazza diventata l'oggetto (più che la protagonista) di una sorta di scontro di civiltà gonfiato oltre ogni proporzione logica, o il simbolo di una nuova era nella storia olimpica. Circola voce che la delegazione saudita abbia rifiutato la richiesta di una conferenza stampa. Poi si dice che arriverà lei a fare qualche commento, ma nessuno sa se si esprimerà in inglese o in arabo.

Alla fine compare, ma con l'aria spaesata - complice forse la miopia - e chiaramente intimorita, con accanto i suoi custodi maschi che la tengono a distanza di sicurezza, oltre due transenne.

In questa trasferta, del resto, il padre Ali Siraj, arbitro internazionale di judo che l'ha iniziata alla disciplina, ha sempre fatto sentire la sua presenza. "Siamo molto fieri di lei, e ringraziamo tutti per il sostegno che ci avete dato, è stato un momento di svolta", dichiara il presidente della Federazione judo saudita, Hani Kamal Najm. Poi il gruppo infila la porta verso l'area atleti, off-limit ai giornalisti. Solo più tardi in sala stampa vengono diffuse le dichiarazioni della judoka: "Sono felice e orgogliosa, questo è l'inizio di una nuova era, spero che questo favorirà una più ampia partecipazione anche in altri sport".

Intanto su Internet comincia il dibattito sulla cuffia speciale usata in gara, una delle 'capster' ideate dalla stilista Cindy van den Bremen per le ragazze musulmane che praticano sport in Olanda. Un'idea realizzata in collaborazione con "un Imam", dice sul suo sito. Mentre su Facebook un istruttore musulmano di arti marziali si dichiara sollevato: "Alhamdulillah (sia lodato Iddio), qualcuno ha avuto una grande idea che risolve il problema della sicurezza per le nostre atlete". Per risolvere quello di chi possa parlare, invece, bisogna ancora attendere. (ANSAmed).

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