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Arabia Saudita: Hrw, 'software' italiano contro proteste

Hacking Team respinge sospetti ma non rivela i governi-clienti

02 luglio, 20:16

(di Luciana Borsatti) (ANSAmed) - ROMA, 2 LUG - Ci potrebbe essere un'azienda italiana, specializzata nel fornire ai governi tecnologia per la sorveglianza contro il crimine ed il terrorismo, dietro alla repressione del dissenso nella regione orientale di Qatif in Arabia Saudita, un'area dove si concentra la minoranza sciita di un Paese che fa da capofila del grande blocco sunnita. A sostenerlo è Human Rights Watch (Hrw), in base ad uno studio di Citizen Lab, organizzazione legata all'Università di Toronto.

L'azienda in questione è la Hacking Team di Milano, che ha altre due sedi ad Annapolis (Usa) e Singapore, già chiamata in causa in passato, dalle stesse organizzazioni e da alcuni media, per il sospetto di aver ceduto la propria tecnologia ad altri governi, fra cui quello etiope, e anche per essere finita nei file di Wikileaks con il suo software 'Remote Control System'.

Secondo la denuncia di Hrw, tecnologia di Hacking Team sarebbe stato utilizzata per colpire individui del Qatif, ''dove le autorità saudite ripetutamente reprimono attivisti online che denunciano violazioni dei diritti umani sui social media".

I ricercatori di Toronto, in particolare, hanno identificato una "versione alterata" di 'Qatif Today', un'app per Android che permette l'accesso ad informazioni su quella stessa provincia.

Tale versione modificata, se installata su un telefono mobile, lo "infetterebbe" in modo da permettere ad enti governativi di entrare nelle mail e nei profili dei social media degli utenti. Non vi sarebbe d'altra parte alcuna certezza che gli strumenti di Hacking Team siano utilizzati in Arabia Saudita, anche se i ricercatori di Citizen Lab avrebbero individuato "la presenza di server legati" a quell'azienda nel Paese. Interpellata da ANSAmed, l'azienda risponde - tramite il responsabile della comunicazione Eric Rabe - che non è nella sua linea fornire l'identità dei propri clienti, ma che il suo operato si basa su una 'customer policy' - una sorta di codice etico - "unica" in questo settore, con l'intento di prevenire violazioni dei diritti umani mediante la sua tecnologia. Quanto ad eventuali accertamenti compiuti dopo la denuncia di Hrw e Citizen Lab, Rabe risponde che non è in linea con la policy aziendale nemmeno "confermare o descrivere" eventali indagini su "possibili usi del nostro software", ma che Hacking Team "opera con alti standard etici". Citizen Lab, sottolinea ancora Rabe, ha più volte messo sotto accusa il lavoro di Hacking Team con l'intento di colpire in primo luogo la repressione governativa, nonostante l'azienda operi ''in piena conformità con tutte le norme in materia". Nella regione del Qatif, ricorda Hrw, le proteste continuano dal marzo 2011 (quando forze saudite diedero man forte per la repressione delle proteste sciite nel vicino Bahrein), sfidando il divieto delle autorità saudite e rivendicando per gli sciiti, la maggioranza dei residenti, le stesse condizioni di vita, lavoro e culto dei sunniti. Nel dicembre scorso l'organizzazione aveva documentato una serie di arresti e tentativi di ridurre al silenzio attivisti e fautori del cambiamento, in particolare nel Qatif. Nuove norme antiterrorismo, promulgate a inizio 2014, hanno inoltre "virtualmente crimininalizzato ogni espressione di dissenso come 'terrorismo', compresi contatti o corrispondenze con qualunque gruppo ostile al Regno". In base all'art.17 della stessa legge, precisa ancora Hrw, il ministro dell'Interno ha il potere di controllare ogni forma di comunicazione, a sua discrezione e senza mandato giudiziario, se utile alle indagini.

(ANSAmed).

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