(di Virginia Di Marco)
(ANSAmed) ROMA, 27 MAG - Ieri l'Arabia Saudita ha eseguito
l'88sima condanna a morte del 2015. In soli cinque mesi il
numero di esecuzioni di quest'anno ha superato il totale del
2014 (87 in 12 mesi, come riporta la stampa locale). Il regno
saudita si conferma uno degli Stati che maggiormente ricorrono
alla pena capitale: secondo uno studio pubblicato dall'ong
Amnesty International, è al terzo posto, dopo Cina e Iran. Le
condanne avvengono perlopiù in pubblico, per moltiplicarne la
capacità di deterrenza. Si tratta di decapitazioni eseguite da
boia armati di sciabola; il condannato, inginocchiato, riceve i
colpi col volto coperto da un cappuccio nero.
L'aumento delle esecuzioni è iniziato verso la fine del regno di
Abdullah (il precedente re, morto lo scorso gennaio): una
tendenza che non ha cambiato segno con l'avvento del nuovo
sovrano, re Salman. Tanto che sempre Amnesty International parla
di un "picco senza precedenti" nel tasso di decapitazioni, del
quale però non emerge la ragione specifica, per esempio legata a
mutamenti nella politica interna.
In generale, le analisi di media regionali concordano
nell'indicare la personalità del re - più o meno severa - come
fattore discriminante, in quanto le condanne non vengono
applicate se non con l'approvazione finale del monarca.
Un'ulteriore conferma del ritmo crescente a cui avvengono le
esecuzioni era arrivata meno di dieci giorni fa, quando sul sito
del ministero della Pubblica amministrazione di Riyad era
apparso un annuncio per reclutare otto nuovi boia.
Oltre a lanciare l'allarme per l'accresciuto numero di pene
capitali inflitte, gli attivisti per i diritti umani puntano il
dito anche contro il sistema giudiziario saudita. In molti casi
i processi sarebbero tutt'altro che giusti, celebrati in segreto
e con l'accusato non sempre dotato di avvocato difensore.
Nel 2014 l'esecuzione di una cittadina indonesiana reputata
colpevole di omicidio aveva causato un incidente diplomatico col
governo di Jakarta, il quale sosteneva che la donna soffrisse di
problemi mentali. La nazionalità straniera della condannata non
è riuscita a salvarla: ma ha fatto sì che la vicenda non
passasse sotto silenzio. Mentre i casi di sauditi condannati con
giudizio iniquo (stando alle accuse lanciate organizzazioni per
i diritti umani), raramente arrivano a conoscenza dell'opinione
pubblica internazionale.
I reati puniti con la morte sono diversi: la maggior parte dei
condannati è accusata di omicidio o traffico di stupefacenti. Ma
anche stupro, apostasia, rapina a mano armata rientrano tra i
crimini punibili con la pena capitale. (ANSAmed).