ROMA - E' cominciato con una nuova ondata repressiva contro gli attivisti per i diritti umani il nuovo anno in Arabia Saudita. Lo denunciano Amnesty International e Human Rights Watch (Hrw), che segnalano arresti e condanne contro figure pacificamente impegnate nella società civile.
Fra gli ultimi arresti quelli di due avvocati per i diritti umani, Essam Koshak, 45 anni, e Ahmed al-Musheikhis (46), nell'ambito di una campagna - denuncia Hrw - contro attivisti, riformisti, giornalisti e scrittori. Segnalato anche il caso di Jamal Khashoggi, giornalista cui è stato vietato di pubblicare.
Ahmed al-Musheikhis in particolare, scrive Amnesty, è noto per il suo lavoro in aiuto di quanti vengono incarcerati nella Provincia orientale, dove vive la minoranza sciita del Paese. Il fratello Yussuf era stato condannato a morte in gennaio per aver partecipato ad alcune proteste, e la sentenza potrebbe venire eseguita in qualunque momento. Amnesty cita anche il caso di Abdulaziz al-Shubaily, co-fondatore della Saudi Civil and Political Rights Association (già disciolta dalle autorità), comparso ieri davanti alla Corte speciale che giudica i casi di terrorismo e condannato a 8 anni di carcere. Fra le accuse quella di aver "comunicato con organizzazioni straniere", fra cui la stessa Amnesty. Segnalato da quest'ultima anche Issa al-Nukheifi, arrestato per alcuni tweet e ora in carcere alla Mecca. Aveva già scontato tre anni di carcere dal 2013 al 2016.
"Chiunque osi parlare in difesa dei diritti umani in Arabia Saudita è oggi a rischio", sottolinea Lynn Maalouf di Amnesty, che si appella agli alleati internazionali di Riad affinchè condannino questa "dilagante repressione".
Secondo Hrw, le autorità sottopongono queste figure ad iniqui processi che conducono a condanne sulla base di vaghe accuse. Tali arresti, sottolinea Sarah Leah Whitson, dimostrano che l'Arabia Saudita "non ha alcuna intenzione di permettere ai suoi cittadini migliori di esprimere opinioni riformiste o di far muovere il Paese verso la tolleranza ed il progresso".
Se l'inizio del 2017 - il primo regolato dal calendario gregoriano, dopo l'adozione decisa da Riad nell'ottobre scorso - è stato dunque difficile per gli attivisti dei diritti umani, il 2016 era cominciato in modo ancora più drammatico, con l'esecuzione di massa di una cinquantina di imputati accusati di terrorismo. Fra questi anche alcuni sciiti e in particolare lo sheikh Nimr al Nimr, la cui esecuzione aprì un nuovo fronte di crisi nei rapporti già tesi tra Riad e Teheran.
(ANSAmed).