Per questo motivo il ricchissimo programma di manifestazioni nella capitale bosniaca è stato completamente disertato, oggi come nei giorni scorsi, dai dirigenti serbi sia della Republika Srpska (Rs, entità a maggioranza serba di Bosnia) sia della Serbia, che hanno organizzato una commemorazione contrapposta. A Visegrad, al confine con la Serbia, il presidente della Rs Milorad Dodik, il premier serbo Aleksandar Vucic e il regista Emir Kusturica hanno inaugurato oggi Andricgrad un complesso in pietra realizzato da Kusturica e dedicato al premio Nobel Ivo Andric, dove in serata si e' potuto assistere a un documentario sull'attentato e a una pièce teatrale che è una ricostruzione dell'attentato in tre atti.
Per Dodik - amareggiato per la presenza a Sarajevo dei presidenti di Croazia, Montenegro e Macedonia - Andricgrad rappresenta un argine solido di fronte ai presunti tentativi revisionisti di attribuire la responsabilità per lo scoppio della Grande Guerra ai serbi e alla Serbia, che da quel conflitto è uscita vincitrice.
Nessuna responsabilità ammessa da parte dei dirigenti serbi neanche per la recente guerra in Bosnia e l'assedio di Sarajevo: il presidente serbo Tomislav Nikolic si è rifiutato di venire a Sarajevo "dove - ha detto - il mio popolo viene messo sott'accusa". A fargli cambiare posizione non è servito il richiamo ai fatti storici dei diplomatici occidentali né le assicurazioni dell'esponente musulmano della presidenza bosniaca Bakir Izetbegovic, per il quale sotto accusa vengono messi i criminali e non un popolo, e che da Sarajevo oggi sarebbero stati lanciati solo messaggi di pace. Ed è proprio questo, un messaggio di pace, che ha voluto lanciare stasera Sarajevo, espresso con una performance sul ponte dell'attentato. Uno spettacolo in programma verso mezzanotte perché, per esigenze sceniche, va eseguito quando è calato il buio, ma anche per rispettare l'orario dell'ultima preghiera dei musulmani che oggi osservano il primo giorno del digiuno del Ramadan. L'auspicio di 'un secolo di pace dopo un secolo di guerre', verrà così espresso con forza in una combinazione di parole, musica e balli, da 280 partecipanti provenienti da 10 Paesi e dal pubblico, "persone comuni - ha detto il regista Haris Pasovic - come quelle che partecipano alle guerre".