Sefer Halilovic, comandante delle forze bosniache durante il conflitto armato del 1992-1995, si e' riferito al controverso referendum di domenica prossima nella Republika Srpska (Rs, entita' a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina), sull'istituzionalizzazione della festa nazionale del 9 gennaio nella Rs. Festa dichiarata incostituzionale dall'Alta Corte bosniaca, con il referendum che viene visto da Sarajevo e dalla comunita' internazionale come un primo passo verso la secessione dell'entita' serba dalla Bosbia-Erzegovina.
Se la consultazione si fara' - ha detto Halilovic - verranno violati gli accordi di Dayton, vi saranno scontri e la Republika Srpska sparira'. Parole interpretate a Belgrado come aperte minacce militari, con un linguaggio di ritorno al passato buio del conflitto degli anni novanta. "La Serbia non consentira' un'aggressione militare e la distruzione della Republika Srpska.
La Serbia e' abbastanza forte per difendersi e non consentira' la distruzione della Republika Srpska in caso di attacco", ha detto il ministro degli esteri Ivica Dacic da New York, dove partecipa all'Assemblea generale dell'Onu con il premier Aleksandar Vucic.
"Noi vogliamo preservare la pace, rispettiamo l'integrita' della Bosnia-Erzegovina, ma quello che posso dire e' che la Rs di sicuro non sparira'", ha detto Vucic, che non ha escluso un ritorno anticipato a Belgrado per la situazione delicata sul referendum. "Abbiamo bisogno della pace a ogni costo", ha aggiunto.
Il caso e la rinnovata retorica nazionalista, che apre tutti i notiziari in Serbia, sta facendo salire ulteriormente la tensione intorno al referendum di domenica nella Republika Srpska. (ANSAmed).