Entrambi si sono detti convinti della vittoria, ma questa volta non ci sono sondaggi che potrebbero indicare un favorito alla guida del Paese ex jugoslavo, da un anno e mezzo membro a pieno titolo dell'Unione europea. Al primo turno due settimane fa Josipovic era arrivato primo ma di stretta misura, con il 38,4 per cento, solo 22 mila voti in più e con appena l'1,2 per cento di vantaggio rispetto alla sua sfidante. Per la stampa, nei dibattiti televisivi Grabar Kitarovic si è mostrata più convincente e determinata, anche meglio preparata, mentre il presidente uscente è sembrato su alcuni punti troppo vago e conciliante. A favore della candidata dell'opposizione potrebbe giocare anche il fatto che in un clima di pessimismo per la lunghissima crisi economica, qualsiasi cambiamento può sembrare un'opportunità di ripresa, sebbene il capo dello Stato in Croazia non abbia poteri in campo economico. Lo scontro si gioca all'ultimo voto, ma i due candidati mirano soprattutto a portare alle urne gli astenuti di due settimane fa, poco più della metà dell'elettorato. Il popolo del centro-destra sembra più motivato ad andare a votare, non avendo avuto un suo uomo alla più alta carica istituzionale sin dalla morte di Franjo Tudjman nel 1999, al termine del decennio di guerre in cui il Paese conquistò l'indipendenza. In un discorso acceso e trionfante, Grabar Kitarovic ha invitato gli elettori a votare "per una Croazia differente, veramente patriottica, per i giovani e per il futuro".
Josipovic invece ha fatto una serie di appelli a quella parte della Croazia che si ritiene saldamente europeista, anti-nazionalista, liberale o moderata di sinistra, ricordando il suo impegno per il rispetto e una migliore tutela dei diritti umani e per una Croazia molto più aperta, tollerante e rispettosa delle minoranze, specialmente rispetto a quella del periodo delle guerre degli anni Novanta. (ANSAmed).