Praljak, un ex comandante delle forze croato-bosniache in Bosnia nella guerra del 1992-95, aveva urlato "non sono un criminale di guerra", prima di bere dalla bottiglietta. Ha anche detto che "Slobodan Praljak non è un criminale di guerra e con sdegno respingo la sentenza". L'udienza è poi stata sospesa.
Il Tribunale dell'Onu, il Tpi, ha confermato in appello le condanne per crimini di guerra per altri due dei sei massimi esponenti politici e militari croato-bosniaci, leader dal 1992 al 1995 dell'autoproclamata entità parastatale della Herceg-Bosna, parte della Bosnia a maggioranza croata. Si tratta di Jadranko Prilc, condannato a 25 anni, e Bruno Stojic a 20 anni, rispettivamente ex premier ed ex ministro della difesa della Herceg Bosna, con l'accusa di crimini contro l'umanità e in particolare di pulizia etnica per il ruolo svolto nella deportazione e altri reati compiuti ai danni dei musulmani bosniaci.
Il Tribunale ha anche confermato che i sei croati di Bosnia avevano istituito una organizzazione con l'obiettivo di "creare un'entità (statale) croata" in Bosnia-Erzegovina. Questa entità si sarebbe poi potuta "unire alla Croazia" o rimanere in "stretta associazione" con Zagabria. All'organizzazione criminale, per i giudici, parteciparono e contribuirono dall'esterno anche Franjo Tudjman, al tempo presidente della Croazia, e Gojko Susak, ministro della Difesa di Zagabria.
Praljak aveva fra l'altro ordinato la distruzione dello 'Stari Most', il Vecchio Ponte di Mostar, perla dell'architettura ottomana del '500. Le sue pietre bianche precipitarono delle acque della Neretva il 9 novembre 1993, colpite da tre granate. "Non è che un vecchio ponte", aveva detto il generale croato-bosniaco, aggiungendo che per un dito dei suoi soldati ne avrebbe distrutti altri cento. Per i giudici dell'Aja si trattava di un legittimo obiettivo militare. Il nuovo Vecchio Ponte, ricostruito con le donazioni di Italia, Francia, Turchia, Olanda e Croazia, fu inaugurato nel 2004. (ANSAmed).