Lo mette anche in una posizione scomoda con il suo movimento di riferimento, i Fratelli musulmani, che ieri - allontanandosi dalle dichiarazioni ufficiali delle autorità militari - hanno accusato il Mossad di essere dietro il raid. "Pure assurdità", le ha definite il Ministero degli Esteri israeliano.
Il primo nodo è proprio quello con Israele, paese col quale l'Egitto ha un accordo di pace da oltre trenta anni, ma che è sempre più mal digerito nel paese, al punto che i Fratelli musulmani ieri ne hanno chiesto apertamente la revisione. Morsi ha però detto in più occasioni, anche recentemente al segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che l'Egitto rispetterà tutti gli accordi internazionali. Da Israele le reazioni sono state caute e il governo ha espresso le sue condoglianze all'Egitto per un "attacco barbaro" imputato al terrorismo jihadista. Il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Ehud Barak si sono recati sul luogo dell'incursione. Parlando accanto ai resti carbonizzati del blindato che era riuscito a sconfinare in Israele prima di essere distrutto dal fuoco israeliano con un bilancio di 8 aggressori morti, Netanyahu si è detto convinto che sia "interesse comune avere una frontiera calma".
Il secondo fronte aperto è con i palestinesi di Hamas, l'organizzazione integralista che dal 2007 governa su Gaza e che ha esultato quando Morsi, esponente di punta dei Fratelli musulmani, ha vinto le presidenziali. Il premier di Gaza, Ismail Haniyeh, è stato fra i primi ad essere ricevuto a palazzo presidenziale al Cairo e a chiedere al neo presidente di aprire senza restrizioni il valico di Rafah, l'unico fuori da Israele che consenta l'accesso alla Striscia. Ed è stato proprio il valico di Rafah - che Mubarak ha costantemente aperto col contagocce, prendendosi l'accusa di essere al servizio di Israele - a essere chiuso domenica a tempo indeterminato. Morsi, che dalla sua elezione si destreggia in equilibrismi con i militari per ritagliarsi spazi di movimento, ora deve dimostrare loro di avere la mano dura contro gli aggressori e i loro fiancheggiatori, come ha promesso domenica sera. Il consiglio militare egiziano ha usato parole di fuoco parlando di complotto terroristico compiuto da mani "infedeli" e promettendo una vendetta certa. Ha anche accusato Gaza, quando ha detto che miliziani della Striscia hanno contribuito all'operazione con mortai. Morsi e il capo del Consiglio militare Hussein Tantawi sono andati di persona sul luogo dell'attacco dove hanno incontrare responsabili locali.
L'Egitto sta inviando mezzi e uomini nella zona, che come tutto il Sinai rimane demilitarizzata in seguito agli accordi di Camp David. Ed è questa una delle clausole più contestate da parte di coloro che sostengono che di fatto impedisce al paese di garantire la propria sicurezza. Molte voci autorevoli, come quella del grande imam della moschea di al-Azhar, Ahmad el Tayyeb, si sono levate per mettere in guardia dal pericolo di attacchi strumentali per dividere gli egiziani dai "fratelli" della Striscia di Gaza. Stessa preoccupazione è stata espressa dal segretario aggiunto alla Lega araba per i palestinesi Mohamed Sobeih, che ha chiesto ad Hamas di "cooperare sinceramente per individuare e perseguire i colpevoli ed evitare che episodi simili si ripetano con un controllo fermo delle frontiere". Pena, ha avvertito, la "distruzione" dell'intera regione.(ANSAmed).