(di Remigio Benni)
(ANSAmed) - IL CAIRO, 16 GEN - Più' del 90 per cento degli
egiziani che ha votato nel referendum di ieri e di oggi (tra il
38 ed il 40 per cento dei 52 milioni di aventi diritto) ha
approvato la nuova Costituzione. Dal nuovo testo sono stati
eliminati riferimenti vincolanti alla 'sharia' (il diritto
islamico) ed ai principi religiosi introdotti nel 2012 dai
Fratelli Musulmani. Fonti giornalistiche parlano addirittura del
98 per cento di si'.
Un primo significato di questo voto - i dati non sono ancora
ufficiali e probabilmente non saranno resi noti prima di
venerdi' o sabato, ma il web ha gia' fornito anticipazioni
attendibili - riguarda la fiducia che la maggioranza dei votanti
ha espresso verso il generale Abdel Fattah El Sisi, responsabile
il 3 luglio 2013 della rimozione dal potere del presidente
eletto un anno prima con poco meno di 13 milioni di voti, il
fratello musulmano Mohamed Morsi. Siti web descrivono canti e
balli di donne egiziane nei seggi per celebrare El Sisi, e per
dire ''mai piu' si' ai Fratelli Musulmani''.
Ma se nel nord del paese l'affluenza ha premiato il nuovo
indirizzo, in molti seggi dell'Alto Egitto (il sud), almeno
dieci secondo i dati di Ahram online, l'affluenza e' stata
inferiore a quella del referendum del 2012, importante termine
politico di riferimento per la prima consultazione popolare sul
nuovo corso politico. E numerosi sono stati scontri tra
sostenitori di Morsi e polizia, con un morto all'Universita' del
Cairo. Il generale El Sisi, probabile futuro presidente
dell'Egitto (''mi candidero' se lo vorra' il popolo e se
l'esercito mi dara' il mandato'', ha detto) depose Morsi sulla
base di una forte protesta popolare, per la delusione - così
scrissero i giornali egiziani - della mancata risoluzione dei
problemi dl paese. L' anno di presidenza di Morsi non aveva
migliorato le condizioni di vita dei cittadini, non aveva creato
occupazione, non aveva risolto la grave crisi economica. Percio'
30 milioni di egiziani si raccolsero in piazza Tahrir ed in
altre aree del paese per chiedere l'allontanamento dal governo e
dalla presidenza dei Fratelli. Ripetendo quanto era successo
l'11 febbraio 2011, a seguito delle prolungate proteste
popolari, il capo dell'esercito e ministro della difesa (nel
2011 era il generale Tantawi, nel 2013 El Sisi) prese la
situazione in mano e fece andar via i dirigenti in carica,
sostituendoli con una formazione temporanea.
''Gli egiziani stanno certo marciando verso la democrazia -
dice all'Ansa l'opinionista Hesham Kassem - e quello di ieri e
oggi e' un passo importante verso la stabilita'''. A suo
parere, se dovesse candidarsi alla presidenza ed essere eletto,
El Sisi lascera' la divisa e diventera' un presidente civile.
''Se farà' qualche passo falso - sottolinea Kassem con
convinzione - il popolo scendera' di nuovo in piazza e
l'esercito lo deporra', se non ci riusciranno i civili''. In
ogni caso per ora il futuro politico dell'Egitto e' ancora
contrassegnato da una presenza molto marcata dei militari, al
potere dal 1952, con la ''rivoluzione degli Ufficiali Liberi''
che deposero re Faruq e insediarono il generale Naguib,
sostituito nel '53 dal generale Nasser, al quale poi sono
succeduti il generale Sadat e il generale Mubarak, fino al
gennaio 2011. Ancora militari in sella per il 2011 ed il 2012,
con la giunta dello Scaf (Consiglio supremo delle forze armate)
guidato dal generale Tantawi, che poi organizzo' le elezioni
presidenziali vinte da Mohamed Morsi.
Ora e' in pista ancora un militare, celebrato nel paese con
foto, immagini nelle vetrine dei negozi e perfino sui
cioccolatini. Il governo ad interim insediato da El Sisi ha
ricevuto appoggi e finanziamenti da vari paesi arabi, tranne il
Qatar. Entro sei mesi ci saranno un nuovo parlamento ed un nuovo
governo, ha sostenuto piu' volte il generale, che non ha alcun
dubbio sulla ''volonta' egiziana di democrazia''. (ANSAmed).