Gli oppositori di Sisi cercavano un nuova occasione per scendere in piazza e l'hanno trovata nella giornata del 25 aprile, che in Egitto commemora la fine dell'occupazione israeliana della penisola del Sinai. Anche se spurio (34/o), l'anniversario quest'anno si è incrociato con una ripresa di proteste avvenute dopo la preghiera del venerdì di 10 giorni fa contro la cessione all'Arabia saudita di due isole del Mar Rosso, Tiran e Sanafir. Si tratta del ristabilimento di un possesso saudita ampiamente documentato come legittimo dal Cairo ma che gli oppositori di Sisi stanno sfruttando per rafforzare - con una componente nazionalistica - una protesta in cui gli slogan più ricorrenti invocano una caduta del presidente ex generale ("abbasso il regime militare", "vattene vattene").
Il Cairo e altre città egiziane sono state presidiate da migliaia di uomini delle forze dell'ordine tra cui agenti in tenuta anti-sommossa, vetture blindate e un elicottero che nel tardo pomeriggio roteava sul centro della capitale a caccia di assembramenti (ne veniva segnalato uno di qualche decine di persone vicino a piazza Tahrir). Nonostante decine di arresti preventivi compiuti nei giorni scorsi (17 gruppi per la tutela dei diritti umani ne hanno segnalati "almeno 100"), manifestazioni non autorizzate sono state disperse in due punti del Cairo, sulla sponda est del Nilo: a Nahya (dove sono stati compiuti almeno 23 fermi) e a piazza Mesaha (circa 500 manifestanti scacciati con abbondante uso di lacrimogeni e, secondo attivisti, anche l'uso di cartucce con pallini).
Numerosi i fermi compiuti sulla base di semplici sospetti anche in altri punti della capitale egiziana, secondo fonti della sicurezza pure nella sede di un partito (il 'Karama' di Hamedin Sabahi, un ex sfidante di Sisi alle presidenziali). Nei pressi della centralissima piazza Tahrir sono stati fermati sei giornalisti egiziani fra cui Basma Mostafa, che aveva intervistato i familiari della banda di rapinatori in possesso dei documenti di Regeni. Nelle retate sono finiti anche sei giornalisti stranieri, poi rilasciati dopo poco ore: almeno un danese ed un ungherese presi a Nahya (Giza), come reso noto da una fonte ufficiale del Sindacato dei giornalisti; ma, secondo informazioni circolate su internet, anche quattro francesi, di cui due attivisti per i diritti umani. L'attenzione internazionale dei media, spronata da quella delle istituzioni come nel caso della tortura a morte di Regeni, con tutta evidenza è scomoda. Il quotidiano francese Le Figaro constata che sul "caso Regeni" le autorità egiziane sono "sotto pressione" e, dopo l'Italia, "anche la Gran Bretagna e gli Stati Uniti esortano l'Egitto a chiarire le circostanze della morte del ricercatore italiano". Stando a quanto riferito da Al Arabiya, il ministero dell'Interno egiziano ha aperto un "processo verbale" contro il capo dell'ufficio di corrispondenza dell'agenzia Reuters al Cairo, Michael Georgy, per il servizio della settimana scorsa in cui si citavano sei anonime fonti di intelligence e polizia egiziane per fornire dettagli su un arresto di Regeni sempre escluso dalle autorità del Cairo.
Il caso Regeni è stato ricordato in Italia anche nelle celebrazioni per il 25 aprile, con la presidente della Camera Laura Boldrini che ha ribadito: "Non ci stancheremo mai di chiedere la verità. Una democrazia non fa compromessi".
(ANSAmed).