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Libri: la parabola del salafismo dopo le rivolte arabe

Dall'impegno politico alla jihad o al ritorno al quietismo

23 marzo, 18:23

(ANSAmed) - ROMA, 23 MAR - Cos'è oggi il movimento salafita? Come si è politicizzato in alcuni Paesi dopo le rivolte arabe? Quali sono i suoi scenari futuri? Quesiti ai quali un gruppo di studiosi internazionali ha cercato di dare risposta nel libro "Salafism after the Arab awakening", curato da Francesco Cavatorta, docente del dipartimento di Scienze politiche dell'università Laval in Quebec, e Fabio Merone, ricercatore della School of Law and goverment della Dublin City University.

Lo studio analizza il fenomeno del salafismo ed i suoi aderenti, suddividendoli in 'quietisti', 'politici' e 'jihadisti' o combinazioni di queste categorie. Ed evidenzia in particolare la politicizzazione del salafismo nel periodo successivo alle rivolte arabe, quando il movimento è passato dall'essere prevalentemente un fenomeno religioso ed educativo e religioso a fenomeno politico, come ad esempio in Tunisia, Egitto e Marocco. Nella raccolta di saggi si analizza inoltre come le istituzioni e la società nazionali hanno influenzato le decisioni dei salafiti negli ultimi anni.

I contributi di studiosi di tutto il mondo fanno riferimento ai casi di Egitto, Libano, Arabia Saudita, Marocco, Yemen, Giordania, Siria, Tunisia e Kuwait.

In quello della Tunisia, per esempio, le rivolte arabe sono state "un test sull'evoluzione politica del movimento salafita", ha spiegato Fabio Merone in una recente presentazione del volume allo Istituto affari internazionali (Iai) di Roma.

Nel caso egiziano la politicizzazione è legata alla reazione al crollo dello Stato del destituito presidente Mubarak - una rottura che, dal punto di vista teologico, poteva significare un ritorno al periodo non civilizzato precedente all'Islam - ed alla contrapposizione con il movimento islamista dei Fratelli musulmani: un "atteggiamento di competizione" dunque, segno di un "comportamento politico razionale", sottolinea Cavatorta.

Un'altra declinazione della politicizzazione è data dalla corrente jihadista del salafismo: dal 2011 sono nate discussioni online su come dovesse essere realizzata la jihad. Tra le risposte più radicali quella di Daesh o Isis, che punta a realizzare uno Stato islamico nel presente attraverso la violenza. Nel coinvolgimento politico il salafismo cerca anche di portare avanti la difesa dell'Islam, tramite organizzazioni di partito, contro i liberali, la cui vittoria, secondo i salafiti, porterebbe alla distruzione di Dio.

Il primo passo della politicizzazione, si evidenzia nel libro, è di tipo individuale: consiste cioè nel passare dall'essere una persona superficiale all'essere un musulmano consapevole: una passaggio che, spiega Merone, significa capire l'identità musulmana, cambiare la propria prospettiva da individuale a collettiva e analizzare la società dal punto di vista dell'Islam. Queste persone condividono gli stessi luoghi, lo stesso quartiere, e da semplici gruppi di vicini si politicizzano e si mobilitano.

La politicizzazione del salafismo tuttavia, in particolare dal 2013, ha subito un costante declino. "I salafiti non hanno capito cos'è la politica per le loro decisioni senza compromessi, per questo falliscono", spiega Cavatorta. La loro infatti appare come una mobilitazione in negativo: non hanno proposte ma hanno chiaro solo ciò che non vogliono, e una volta che comprendono che la politica è fatta di compromessi si tirano indietro, considerandola impura. Di fronte a questo rifiuto della politica si aprono due strade: la radicalizzazione violenta o il ritorno al purismo e all'isolamento dalla politica. (ANSAmed).

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