"Focus tematici" dell'incontro dal titolo "Italian Archaeology in Egypt and MENA Countries" sono stati l'archeologia italiana in Egitto, in Libia e in Turchia.
Si tratta di Paesi nei quali le missioni archeologiche sono presenti da lungo tempo con risultati apprezzati in ambiente internazionale, sia per l'importanza delle scoperte, sia per l'impegno nella conservazione e nella valorizzazione.
Organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura - Centro Archeologico Italiano (IIC - CAI), il convegno ha stilato un "documento programmatico" che punta ad essere "espressione comune delle missioni archeologiche" partecipanti.
I temi affrontati nell'incontro svoltosi tra giovedì e sabato sono stati innanzitutto la tradizione archeologica italiana e la capacità innovativa delle missioni italiane.
Altri argomenti sono stati l'archeologia italiana nel Mediterraneo, crocevia di incontri tra popoli e culture, e quella del periodo ellenistico e romano (globalizzazione antica e creatività locale), ma anche l'eccellenza dell'impegno italiano per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali.
Gli obiettivi del convegno sono stati quelli di sottolineare gli aspetti interculturali nella storia del Mediterraneo antico e di offrire un'occasione di incontro e di crescita scientifica, sia tra italiani, sia con studiosi di altri paesi.
Si é puntato inoltre ad elaborare una programmazione comune e una comune visione strategica e a rafforzare la rete delle missioni archeologiche italiane nell'area. Altri obbiettivi sono stati un miglioramento del partenariato tra missioni italiane e un consolidamento dei rapporti tra missioni e istituzioni locali.
Un focus particolare é stato sull'Egitto greco-romano, ambito nel quale l'Italia si è distinta ampiamente: l'archeologia italiana in Egitto e in tutta l'area ha infatti una lunga tradizione di eccellenza.
Esempi sono la nascita dell'archeologia alessandrina, dovuta ad italiani e l'archeologia della Libia, della Siria e della Turchia. D'altra parte l'Italia ha anche il primato nella conservazione e valorizzazione del beni culturali: nelle stesse aree la cooperazione italiana è stata ed è fortemente presente, offrendo soprattutto risorse di esperienza ed eccellenza.
Raccogliere al Cairo i rappresentanti di tale tradizione ha permesso anche di focalizzare l'attenzione sulle difficoltà attuali del lavoro delle missioni italiane in tali aree e sui problemi inerenti l'archeologia in aree di crisi, oltre che proporre strategie.
Il convegno è stato aperto giovedì nella capitale egiziana dal Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura al Cairo, Paolo Sabbatini, dal Ministro delle Antichità della Repubblica dell'Egitto, Khaled El-Enany, dal Ministro Plenipotenziario Fabio Cassese, inviato del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e da Giuseppina Capriotti Vittozzi, Manager del Centro Archeologico Italiano al Cairo. Venerdì l'Ambasciatore d'Italia Giampaolo Cantini ha aperto i lavori, intrattenendosi a lungo con le missioni e indicando la strada di un rafforzamento della rete tra le missioni stesse e con i partner locali.
Di particolare rilievo la presenza dell'Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, Presidente della Fondazione Aquileia, che ha presentato I progetti della fondazione sull'archeologia ferita e i beni culturali in aree di crisi, è stato sottolineato margine del convegno.
Nella sua attività, l'IIC Cairo - CAI Italiano va sempre più valorizzando l'impegno per l'archeologia e i beni culturali finalizzato alla promozione del Sistema Paese e, allo stesso tempo, come mezzo di potenziamento delle relazioni culturali nell'area tra Nord-Africa e Vicino Oriente. L'IIC Cairo ha "notevole esperienza" nell'organizzazione di questo genere di eventi: nel 2014 fu realizzato il convegno per le missioni italiane, "Italian Research on Egyptology: from Ippolito Rosellini to current archeological projects", e nel 2016 il "Workshop for Sciences and Technologies applied to the Cultural Heritage", in collaborazione con il CNR, ricorda la nota. (ANSAmed).