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Egitto, 'le nostre prigioni sono aperte, visitatele'

Media e ong in un carcere femminile, 'nulla da nascondere'

03 marzo, 16:34

(di Rodolfo Calò) (ANSAmed) - AL QANATER AL KHAYREIA (EGITTO), 3 MAR - In un esercizio di trasparenza, l'Egitto è tornato ad aprire le porte di una sua prigione a media stranieri e ong egiziane sostenendo di rispettare i diritti umani e di non aver "nulla da nascondere" dietro le sbarre.

"Le prigioni sono aperte: chiedete il permesso e visitatele", ha detto questa settimana il generale Hisham El Baradei, assistente del ministro dell'Interno egiziano per il settore penitenziario, incontrando rappresentanti di media, tra cui l'ANSA, invitati a ispezionare parte del carcere femminile di Al Qanater, una trentina di chilometri a nord-ovest del centro del Cairo. "Che ci guadagneremmo a picchiarli?", ha chiesto retoricamente l'alto funzionario alla richiesta di un commento sulle accuse di abusi sui detenuti delle carceri egiziane mosse da diverse ong soprattutto internazionali. "Non abbiamo nulla da nascondere", le carceri "sono aperte a chiunque le voglia vedere", ha sostenuto dal canto suo Maya Morsy, Presidente del Consiglio nazionale egiziano per le donne, anch'ella in sopralluogo al "Centro correzionale e di riabilitazione" (questa la dicitura ufficiale) da circa mille posti presentata come "il più grande" carcere femminile in Egitto.

La visita non è stata ispirata dal caso di Patrick George Zaky, lo studente dell'università di Bologna arrestato in Egitto per propaganda sovversiva. A novembre vi sono state visite in altre due carceri, con altrettanti sopralluoghi ciascuno, al Cairo (Tora) e Borg El Arab (nei pressi di Alessandria), ha ricordato Morsi sottolineando che questi sopralluoghi sono relativamente frequenti. Ai giornalisti di quattro-cinque media e ad un analogo numero di rappresentanti di organizzazioni non-governative sono stati mostrati diversi spazi del carcere di Al Qanater (La Chiusa).

Innanzitutto asilo, parlatorio, poliambulatorio-farmacia fra l'altro con studio dentistico e oculistico. E un'attività di fisioterapia che una ex-detenuta ha ottenuto di poter continuare a fare anche dopo la scarcerazione non potendosela permettere fuori, ha raccontato Morsi. Ma anche un'aula scolastica da 22 posti con massicci banchi di legno che ricordano quelli italiani degli anni Sessanta per l'alfabetizzazione delle detenute; e un laboratorio di cucito che punta alla riqualificazione professionale delle incarcerate perseguito pure con lavori di ricamo e piccolo artigianato che viene rivenduto all'esterno attraverso vari canali. Alla "Chiusa" sul Nilo c'è poi anche un campetto di pallavolo usato dalle più giovani e una sala adibita a chiesa cristiana dove si tiene messa ortodossa ogni lunedì: "una struttura presente in ogni carcere egiziano", ha sottolineato una fonte sul posto dopo che era stato intonato un inno che diceva "Dio è qui, sempre in mezzo a noi".

Non mostrate invece sono state le celle da 2-4 posti o le camerate che arrivano fino a 20 e presso le quali "le toilette vengono pulite giornalmente", ha dichiarato il generale El Baradei.

All'asilo le madri (che Morsi considera così ben trattate da poterle definire "residenti" e non "detenute") ogni settimana ricevono la visita dei loro piccoli sopra i due anni (prima stanno sempre con loro nella struttura). Nel parlatorio, dove le detenute si distinguono perché vestite di bianco, le visite avvengono ogni 15 giorni per le condannate e ogni settimana per le "indagate", riconoscibili per una scritta blu sul vestito: l'altro giorno, tra bustoni con coca-cola, arance e assorbenti, si sono viste lacrime di una anziana abbracciata da un giovane ma anche qualche sorriso. (ANSAmed).

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