Continua inoltre, sempre secondo Habeshia, "la pratica della esternalizzazione", cioè l'affidamento ai Paesi della sponda sud del Med del compito di fermare i flussi, e di fare i "gendarmi dell'Europa". Mentre l'operazione Triton inserita nel programma dell'agenzia europea Frontex Plus, non avrà efficacia la stessa efficacia di Mare Nostrum in termini di salvataggio di vite umane, in quanto limitata alla sorveglianza "di una fascia di poche miglia più larga delle acque territoriali", senza estendenderla ai limiti delle acque libiche.
Questo mentre dalla Libia giungono notizie di soprusi e torture crescenti", denuncia Habeshia, come nel caso del "carcere di Abu Wissa, gestito dal ministero dell'interno e in funzione dal 2009 vicino a Zawya", dove sarebbero ammassati, in condizioni degradanti "più di 1.200 detenuti", molti respinti dal confine tunisino nonostante avessere in mano la tessera di rifugiati e richienti asilo dell'Unhcr. Anche il carcere di Misurata, allestito nel 2009 nell'ex scuola di Bilqaria, è un "girone infernale" per circa 400 detenuti tutti eritrei, mentre altri sarebbero stati portati via come schiavi dalle milizie. "Siamo di fronte a una catastrofe umanitaria senza precedenti - sottolinea don Zerai - l'unico modo per cercare di risolverla è quello di aprire le ambasciate in Africa alle richieste di asilo, istituire corridoi di accesso legali, rilasciare visti per motivi umanitari, ricongiungimento familiare, asilo politico". E meglio spendere il denaro della lotta alla immigrazione - conclude - in interventi di accoglienza e in politiche volte a dare sviluppo e diritti nei paesi d'origine e di transito". "Perché nessuno sia più costretto a scappare".
(ANSAmed).