(di Patrizia Antonini)
(ANSAmed) - BRUXELLES, 15 SET - I falchi dei Paesi dell'Est
spaccano l'Europa sui 120mila profughi da ricollocare. C'è "un
accordo di principio" sostenuto da una larga maggioranza di
Stati, ma nonostante i ripetuti tentativi, non è stato possibile
trovare l'unanimità. Tutto è rimandato alla nuova riunione dei
ministri dell'8 ottobre, quando di fronte a mali estremi, si
andrà avanti con la maggioranza qualificata. Intanto i 28 hanno
dato il via libera formale per l'avvio della 'fase 2' della
missione navale EuNavFor Med che prevede l'uso della forza
contro gli scafisti nel Mediterraneo. Nonostante si sia
annacquato più volte il testo dell'accordo per ottenere il via
libera di tutti i 28, trasformando "l'impegno" a ricollocare in
un "accordo di principio" a farlo, alla "volontà" di farlo,
Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, e Romania hanno
continuato a mettersi di traverso durante tutto l'incontro.
Budapest ha guidato il gruppo dei 'ribelli', ribadendo di
voler essere cancellata anche dalla lista dei Paesi beneficiari,
in cui figura assieme a Grecia e Italia. Il ministro slovacco
Robert Kalinek è arrivato al vertice insistendo che "le quote
non sono la soluzione" e nelle stesse ore la premier polacca Ewa
Kopacz ha ribadito la stessa linea, anche se il suo ministro ha
dimostrato alcune aperture durante il vertice. A chiare lettere
è emerso anche che il trattato di Schengen è in gioco in questa
partita, indebolito ulteriormente dopo che Vienna e Bratislava
hanno espresso l'intenzione di seguire l'esempio di Berlino e
ripristinare i controlli alle frontiere, minacciando così di
scatenare un 'effetto domino' che potrebbe peggiorare la già
complicata situazione nel Vecchio continente. La Polonia sta
valutando cosa fare al riguardo, e anche il ministro francese
Bernard Cazeneuve minaccia di percorrere quella strada se le
cose con l'Italia non dovessero funzionare.
Intanto, col via libera di ieri al primo schema di 40mila
ricollocamenti (26mila dall'Italia e 14mila dalla Grecia) si
costituisce la base legale per l'avvio dell'approccio 'hotspot',
centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti
economici. E proprio questi ultimi dovrebbero essere trattenuti
in Italia e Grecia, in centri attrezzati regolati da una "certa
severità", come spiega il ministro dell'Interno Angelino Alfano,
in attesa del rimpatrio. Il titolare del Viminale chiede però
l'applicazione degli hotspot in modo graduale, in parallelo ai
ricollocamenti, ma soprattutto condizionata "al funzionamento
dei rimpatri", che devono essere "gestiti da Frontex" con
"risorse comunitarie" e sotto la responsabilità europea. D'altra
parte l'Ue è arrivata già spaccata alla riunione dei ministri.
Nonostante i molti aggiustamenti per consentire al maggior
numero possibile di Paesi di dare un ok ai principi generali,
gli ambasciatori dei 28 non sono riusciti a mettersi d'accordo
sulla bozza di conclusioni, lasciando alla politica la ricerca
di una soluzione. Nonostante il 'muro' dell'Est però, i numeri
per una maggioranza qualificata ci sono e sebbene, vista la
delicatezza della questione, si tenda a considerarla l'ultima
spiaggia, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini non l'ha
esclusa. "Non spetta a me decidere - afferma - ma non vedo
perché no". Francia e Germania insistono, per bocca dei ministri
Cazeneuve e de Maiziere, su hotspot e rimpatri. Vogliono
garanzie sulla piena applicazione del binomio
"responsabilità-solidarietà". Per questo chiedono "precisazioni"
e date sulla messa in pratica del progetto.(ANSAmed).