E' un bilancio in chiaroscuro quello fatto dal responsabile della diplomazia bosniaca, perché corruzione, stallo politico, mancata riforma costituzionale - attesa ormai da decenni - disoccupazione, radicalizzazione e estremismo islamico rimangono tutti nodi irrisolti sul tavolo del governo di Sarajevo. ''A oggi - ammette - non abbiamo fatto i progressi che tutti si aspettavano''. Finora, aggiunge, ''ci siamo concentrati eccessivamente sulle modifiche costituzionali non ancora approvate''. Ora, sostiene, ''a 20 anni dalla firma degli accordi di Dayton, è ora di giungere a una vera riconciliazione fra noi e di costruire una vera fiducia fra noi''. Uno Stato diviso in due entità - repubblica Srpska e Federazione di Bosnia ed Erzegovina - un distretto (Brko) e tre popoli (serbi, bosniacchi o bosniaci musulmani e croati), una paralisi istituzionale e una crisi economica senza precedenti.
E' tempo, sottolinea, di andare oltre. E la chiave per risolvere il problema è sempre quella europea. Il futuro della Bosnia Erzegovina, rilancia, è nella grande famiglia europea. Non ci sono alternative. Per questo, servono le riforme politiche che Bruxelles ci chiede. Serve una vera centralizzazione''. Più Europa, sostiene Crnadak, significa anche più fondi europei a sostegno dello sviluppo economico del Paese. Grazie a strumenti quali il WB6 (Western Balkan Six, iniziativa volta a istituzionalizzare la cooperazione tra Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom), Kosovo, Montenegro e Serbia nel contesto dell'adesione all'Unione europea) e il Processo di Berlino (che ha segnato l'ingresso della Germania come attore prevalente nella politica estera europea verso i Balcani), la cooperazione economica sta andando avanti, in particolare in tema di infrastrutture. Ma a costituire un freno agli investimenti nel Paese ed allo sviluppo economico, ammette, è soprattutto l'elevato livello di corruzione. "Quello che il governo sta tentando di fare - ricorda - è migliorare il clima degli investimenti, modificando la normativa sul lavoro e sulla tassazione". E la Bosnia guarda molto anche all'Italia. ''Con 1,5 miliardi di interscambio, l'Italia si posiziona quale secondo partner commerciale''. ''I nostri rapporti - conclude - sono ottimi. Grazie alla comprensione e al sostegno che Roma ha sempre mostrato nei nostri confronti''. (ANSAmed).