Stasera, diverse centinaia di persone sono scese in piazze nelle grandi metropoli turche per tornare a contestare il voto. Ma Recep Tayyip Erdogan tira dritto per la sua strada, respingendo al mittente le critiche dell'Osce come "politicamente motivate".
Per il presidente, il referendum di ieri è stato il voto "più democratico" mai visto in un Paese occidentale. E gli osservatori internazionali, accusa Ankara, hanno avuto un "approccio di parte e pregiudiziale".
Arringando la folla che lo accoglie all'arrivo nella capitale Ankara, il 'Sultano' ha rilanciato toni di fuoco contro l'Europa accusata di aver lasciato la Turchia "alla porta per 54 anni".
Ai suoi, Erdogan ha detto di aver combattuto contro "le nazioni potenti del mondo", che lo hanno "attaccato" con una "mentalità da crociati". Poi, è tornato a promettere altri referendum sulla pena di morte e un'interruzione dei negoziati di adesione con l'Unione europea, avviati nel 2005. Anche dopo il voto, la tensione con Bruxelles resta alle stelle. Dalle cancelliere europee crescono le voci per uno stop anche formale delle trattative per l'ingresso di Ankara. Da Berlino a Roma, arriva anche un richiamo a tenere conto delle indicazioni degli osservatori internazionali. La cancelliera Angela Merkel sottolinea l'importanza di un "dialogo rispettoso di tutte le parti politiche e civili" dopo che i risultati del referendum hanno mostrato "quanto profondamente la società turca sia divisa". Berlino però avverte: "La Turchia resta un grande vicino, che non abbiamo escluso dalla Nato neanche ai tempi della dittatura militare". Una delle voci più dure giunge invece dall'Austria, secondo cui Ankara "non può essere un membro" e il voto rappresenta "un chiaro segnale contro l'Ue". "Coerentemente con l'appartenenza della Turchia al Consiglio d'Europa, auspichiamo un raffreddamento delle tensioni interne al Paese e un coinvolgimento delle opposizioni nel percorso di implementazione delle riforme", ha detto il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. Preoccupazioni sul "rispetto dello stato di diritto" e per il possibile referendum sulla pena capitale sono giunte dal presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani. Anche per Parigi la reintroduzione della pena di morte, abolita definitivamente nel 2004, rappresenta una linea rossa. Restano alla finestra gli Stati Uniti, che lanciano un appello ad Ankara affinché protegga i diritti e le libertà fondamentali mentre le autorità sono impegnate a esaminare i risultati del referendum.
La Turchia, però, resta spaccata in due. Come accaduto ieri a caldo, anche stasera diverse centinaia di persone sono scese in strada per contestare l'esito del voto nei quartieri di Istanbul dove il 'no' ha stravinto. Proteste anche nelle altre metropoli, da Ankara a Smirne. "L'unico modo per porre fine alle discussioni sulla legittimità del voto e tranquillizzare il popolo" è che "il Consiglio elettorale supremo cancelli il referendum", chiedono i laici del Chp, principale partito di opposizione. Ma la Commissione elettorale ha già detto di considerarle valide senza "nessun dubbio". Per questo, i curdi dell'Hdp, secondo cui i voti manipolati sono "almeno l'1%", annunciano di essere pronti a rivolgersi direttamente alla Corte europea dei diritti umani.
Ma Erdogan agisce ormai da super-presidente. Dopo l'ufficializzazione dell'esito del voto, tra una decina di giorni, potrebbe già accettare l'invito del suo partito Akp a tornare formalmente tra i suoi membri, inaugurando la nuova figura di capo dello stato non più 'super-partes'. Intanto, nella serata di oggi presiederà il Consiglio militare supremo, da cui si attende un probabile via libera al nuovo prolungamento dello stato d'emergenza post-golpe: annunciato inizialmente per poche settimane, arriverebbe così alla durata di un anno.
(ANSAmed).