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Migranti:appello p.Zerai a Italia,revocare accordo con Libia

Nel paese profughi-schiavi,soprusi e violenze lungo vie transito

18 aprile, 15:37

(ANSAmed) - ROMA, 18 APR - "Centinaia di rifugiati e migranti africani sono rapiti in Libia per chiederne un riscatto o per essere messi in vendita per il lavoro forzato o lo sfruttamento sessuale", un "un autentico mercato degli schiavi".

E' la denuncia, basata sull'ultimo rapporto Oim pubblicato a Ginevra, di padre Mussie Zerai, l'apostolo dei migranti, operatore umanitario con l'agenzia Habeshia e già candidato al Nobel per la Pace, che chiede fra l'altro all'Italia di revocare l'accordo con il governo di Tripoli guidato da Serraj.

"Accade soprattutto a Sabha, la città del Fezzan che è lo snodo delle principali vie di comunicazione che confluiscono in Libia da Sud", dice il prete di origine eritrea, secondo cui "la situazione in Libia è certamente la più grave, ma condizioni di estremo pericolo, di sopruso, sofferenze inumane, violazione sistematica dei diritti si registrano, con una crescita esponenziale, anche in altri Stati di transito o di prima sosta dei migranti": Sudan, Egitto, Niger. In Egitto in particolare, rileva, le prigioni sono piene di profughi senza documenti, dsetinati a rimanervi con la prospettiva di restarci fino a che non pagheranno le spese di rientro coatto nel proprio paese. "Rientro che per molti, a cominciare dagli eritrei, implica il rischio di persecuzioni e nei casi estremi della vita stessa - osserva Zerai - Non solo: al Cairo, Alessandria e in tutte le principali città sta crescendo un clima di ostilità diffusa", che costringe i migranti a vivere quasi in clandestinità".

Il religioso fa quindi appello all'Italia perché faccia "pressioni sul governo di Tripoli" contro il "mercato degli schiavi", e "sospenda o meglio revochi" l'accordo con la Libia e "il patto concluso con le tribù del Fezzan".

Secondo padre Zerai e la sua agenzia umanitaria, da anni attivi sul dramma di migliaia di migranti africani che cercano la loro via verso l'Europa, il "memorandum sull'immigrazione" che l'Italia ha siglato con la Libia, "peraltro già bocciato e dichiarato nullo dalla Corte di Tripoli", rischia di peggiorare ulteriormente la già tremenda condizione di profughi e migranti". Anche il patto con le tribù del Fezzan, ricorda, è stato "già rigettato e ritenuto non valido dai vertici più rappresentativi di alcuni dei clan più importanti e autorevoli. Alla luce di quanto sta accadendo, infatti, non è dato avere alcuna garanzia sul trattamento, la sicurezza, la sorte dei migranti eventualmente intercettati e bloccati da queste tribù".

L'appello chiede poi di "sospendere tutti i rimpatri forzati (che il recente decreto Minniti prevede invece di moltiplicare) sia verso l'Asia e il Medio Oriente sia verso l'intera Africa, ma in particolare verso la Libia. La formula del 'paese sicuro' che è alla base di questi rimpatri/espulsioni, infatti, è quanto meno aleatoria e approssimativa".

Ma Zerai chiede anche di "ripensare radicalmente la politica sull'immigrazione". Ovvero, "sospendere o meglio annullare accordi come i Processi di Khartoum e di Rabat, i trattati di Malta del novembre 2015 e tutti i patti bilaterali che ne sono conseguiti per l'attuazione concreta, come, ad esempio, il patto di polizia firmato a Roma con il Sudan il 3 agosto 2016" e anche l'accordo con la Turchia. E anche di "istituire canali legali di immigrazione verso l'Europa", facilitando il ricongiungimento famigliare, con il rilascio di visti umanitari; "impostare un sistema di accoglienza e di asilo unico e valido in tutta la Ue, superando di conseguenza l'attuale Regolamento Dublino 3".

Inoltre, invita ad "abbandonare il progetto del Migration Compact che,secondo varie fonti di stampa, l'Italia intende rilanciare in occasione del G-7 di Taormina e fare invece proprio del G-7 l'occasione per una nuova politica globale sul problema enorme di rifugiati e migranti, abbandonando per sempre la logica dei muri e delle barriere e affrontando invece alla radice le cause dell'esodo di milioni di persone". (ANSAmed).

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