Le tende sono riscaldate, fornite di acqua e hanno letti con materassi. In un container vi sono sei docce, e in una grande tenda si distribuiscono pasti caldi, una situazione, anche se ancora molto lontana da quella desiderata, migliore rispetto ai tanti giorni passati all'aperto, nella neve e al gelo.
Le condizioni meteo sono destinate a peggiorare ulteriormente, con temperature ancora più rigide attese nei prossimi giorni, e altre migliaia di profughi continuano a vagare all'aperto, dormendo nei boschi o in rifugi di fortuna. A dare alle fiamme prima di Natale le tende al campo di Lipa erano stati gli stessi migranti, alla notizia della chiusura del campo in vista di una sua radicale ristrutturazione e adattamento alle condizioni invernali. Il tentativo di trasferirli all'ex campo di Bira, nel centro abitato di Bihac, e in una caserma a Bradina a sud di Sarajevo, non aveva avuto successo per la ferma opposizione degli abitanti locali, appoggiati dai sindaci.
A sollecitare le autorità bosniache a intervenire con urgenza per dare una sistemazione ai migranti rimasti all'aperto erano state la Ue - che ha messo a disposizione della Bosnia-Erzegovina finora oltre 90 milioni di euro per l'assistenza ai migranti - e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), denunciando il pericolo reale di una 'catastrofe umanitaria'. Una buona parte dei circa 8 mila migranti della rotta balcanica presenti in Bosnia-Erzegovina si trovano nel nordovest del Paese dove cercano in tutti i modi di passare la vicina frontiera croata e proseguire il viaggio verso i Paesi dell'Europa occidentale. (ANSAmed).