(ANSAmed) - ROMA, 25 MAR - Quando il piccolo Mehdi Khatib si
presenta al liceo Lyautey di Casablanca con due tacchini, tutti
capiscono che viene da un altro pianeta: da Beni Mellal, Medio
Atlante, dove il suo maestro è riuscito a fargli ottenere una
borsa di studio per la città. E' il settembre del 1969 e il
prestigioso istituto è riservato ai figli degli alti funzionari
francesi e ai giovani rampolli delle famiglie più in vista del
regime marocchino. Dopo L'esteta radicale (2011), Del Vecchio
Editore pubblica Un anno dai francesi (pp. 310 - Euro 16), di
Fouad Laroui, in uscita il 29 aprile prossimo. A Firenze in
questi giorni per prendere parte a una serie di incontri e
dibattiti organizzati dall'Institut Francais di Firenze, Laroui
presenta ad ANSAmed il suo romanzo.
Une année chez les Français, questo il titolo originale
(Julliard, 2010), parla di integrazione e assimilazione,
colonialismo e identità. Lo fa in modo ironico e con humour,
descrivendo lo choc culturale che ogni giorno il suo piccolo
protagonista deve affrontare: l'incontro con i Francesi, il
contatto con la loro lingua, il loro modo di pensare e la loro
cultura. Coincidenza, anche Laroui frequentò quello stesso liceo
di Casablanca. In gran parte, ammette lo scrittore di origini
marocchine, Premio Goncourt de la nouvelle nel 2013 e Grand Prix
Jean-Giono nel 2014, "corrisponde all'impatto che io stesso ebbi
entrando in quella scuola". L'impatto con la Francia. Mehdhi,
che ha passato i suoi primi dieci anni di vita povero, libero e
felice, accudito da una madre legata a una cultura ancestrale e
da un padre che sogna per il figlio un avvenire democratico e
proiettato nella modernità, è sconvolto dal cambiamento: "gente
che vive in un lusso ingiustificato, mangia cibi disgustosi e si
profonde in effusioni smisurate e incomprensibili". Tanti dunque
i cliché da abbattere. Da entrambe le parti.
"All'epoca, la presenza dei francesi era più che normale.
Dopo 44 anni di protettorato, era più che naturale frequentare
un istituto scolastico francese". Oggi le cose sono notevolmente
cambiate, spiega. "La società è cambiata". In gioco infatti c'è
l'identità. La sua identità Mehdi riesce a preservarla? "Riesce
forse a mettere la giusta distanza tra la cultura di origine e
quella francofona", replica l'autore, che oltre a essere docente
di letteratura ed epistemologia, è un ingegnere e un economista,
che dal 1990 vive in Europa, facendo la spola tra Francia e
Olanda. Tra gli autori più prolifici, Laroui non dimentica il
suo Paese di origini, descrivendone vizi e virtù. La recente
cronaca però sposta l'attenzione sulla violenza jihadista e gli
attentati di Parigi e Tunisi. "Non sono pessimista - replica -
sulle sorti del Marocco. Le sue istituzioni hanno una certa
solidità. Malgrado ci siano tentazioni jihadiste, con migliaia
di giovani partiti per ingrossare le fila del Daesh, sono gli
altri 21 Paesi arabi a preoccuparmi di più". Forse, conclude, la
vera domanda da porsi è "fino a quando la società marocchina
riuscirà a resistere in questa situazione?".(ANSAmed).