In questo momento voglio rivolgere il mio saluto repubblicano al mio avversario, la signora Le Pen". Poi la promessa di "proteggere" e "tenere unita" la Francia, e quella altrettanto solenne di "difendere il destino comune dell'Europa". Quindi, blindato da imponenti misure di sicurezza, il trasferimento al Louvre, dove l'aspettava una folla immensa. E l'immagine che volta definitivamente la pagina del "presidente normale" Hollande per aprire quella della solennità, a tratti del misticismo di una moltitudine di seguaci in adorazione di un guru. Tre minuti a percorrere, da solo, il perimetro del grande museo, con la folla a seguirlo sui maxischermi e l'inno alla Gioia sullo sfondo, poi il discorso infiammato: "La Francia ha vinto", prima di far salire sul palco Brigitte e la famiglia allargata.
E' la celebrazione che soltanto qualche mese fa nessuno avrebbe neppure lontanamente immaginato in una Francia in cui da sempre chi vuole aspirare all'Eliseo deve avere "un partito alle spalle". Macron non ce l'aveva, l'ha costruito in pochi mesi e se lo è - al contrario - caricato sulle proprie spalle. Ha visto, settimana dopo settimana, cadere ai suoi piedi gli antichi alleati e amici della gauche di governo, a cominciare dal presidente Hollande - il primo capo dello Stato della Quinta repubblica a non ricandidarsi - fino all'amico-rivale Manuel Valls. L' harakiri di Francois Fillon e il 'plafond de verre', il soffitto di vetro che blocca da sempre il Front National all'ultimo ostacolo, hanno fatto il resto. Resta "l'enorme compito" che Macron ha riconosciuto subito nel discorso al Louvre, quello di riunificare un Paese spaccato, in cui oggi - comunque - meno della metà degli iscritti a votare hanno espresso la preferenza per lui. In particolare, record di astensione per un secondo turno (25,3%) e record assoluto di schede bianche e nulle, il 12%. Molto di questa "terza scelta" è riconducibile alla gauche radicale di Jean-Luc Melenchon, finita quarta al primo turno e sfumata in questi giorni in un "né Macron né Le Pen". Da domani, comincia "la nuova era", un lavoro di ricostruzione titanico per il presidente Macron, a cominciare dalla battaglia per le politiche dell'11 e 18 giugno in cui dovrà tentare - con la sua maggioranza 'Republique en Marche' - di strappare il maggior numero di seggi a ciò che resta dei partiti tradizionali, per poter governare e varare il suo ambizioso programma di riforme per la Francia e l'Europa.
(ANSAmed)