Ma ad otto anni esatti da quei convulsi giorni rimangono ancora disattese molte delle speranze dei giovani tunisini per un avvenire migliore, in particolare per quel che riguarda l'occupazione e la dignità nelle regioni più povere. Proprio da questo malessere, mai sopito, e dall'accresciuta distanza tra mondo politico e gente della strada traggono spunto le rivendicazioni di sindacati e partiti di sinistra per migliori condizioni di vita e dei vari movimenti di protesta che stanno nascendo in Tunisia in questi giorni, primo tra tutti quello dei cosiddetti 'gilet rossi' che hanno annunciato a partire da oggi una serie di manifestazioni pacifiche in varie regioni del Paese. Il movimento dapprima solo virtuale, pacifico e aperto a tutti, che rivendica per i giovani "dignità e diritto ad una vita degna" denunciando la visione sfuocata dell'attuale classe politica e il divario esistente tra essa e il popolo tunisino, si è presentato ufficialmente lo scorso fine settimana a Tunisi in conferenza stampa dichiarando di "voler salvare il Paese" e ispirarsi chiaramente ai 'gilet gialli' francesi.
"L'iniziativa avanza fondamentalmente richieste economiche e sociali. E' tesa a rappresentare i poveri e gli emarginati", ha detto il suo fondatore, Riyad Jarad, negando ogni affiliazione o appoggio politico. Tra le 22 richieste elencate figurano lo sviluppo economico, maggiori opportunità di lavoro, migliore istruzione pubblica e servizi medici, nonché migliori standard di vita e un aumento del salario minimo obbligatorio (Smig). I "gilet rossi" ritengono tutti i partiti politici del Paese, compresi quelli di opposizione al governo, responsabili per il deterioramento della situazione economica della Tunisia. IIl movimento impensierisce a tal punto le autorità che venerdì scorso hanno sequestrato a Sfax, oltre 50.000 'gilet' che seppur importati legalmente sarebbero, secondo la polizia, destinati ad essere distribuiti in occasione delle proteste popolari previste per il prossimo gennaio, mese notoriamente caldo dal punto di vista sociale in Tunisia.
Secondo molti analisti i gilet rossi tunisini però non incarnerebbero né lo spirito né la realtà di quelli francesi, ma cercherebbero soltanto di alimentare il caos stabilito da alcuni, dimenticando lo slogan spesso ascoltato da queste parti, "la nazione prima dei partiti". A questo concetto fa spesso riferimento anche il segretario generale del partito laico Machrou Tounes, Mohsen Marzouk, il quale afferma che "la situazione nel Paese è critica e richiede che i partiti al governo adottino le misure necessarie per uscire dall'attuale crisi e proteggere il processo di transizione democratica dando la precedenza all'interesse supremo del Paese". Pur ribadendo che il diritto dei tunisini di scendere in strada è riconosciuto dalla Costituzione, Marzouk ha affermato che vanno trovate al più presto soluzioni alla difficile situazione in cui si trova il Paese e parlando dei gilet rossi, ha detto che si tratta di un regolamento di conti tra partiti politici che non ha nulla a che fare con il movimento dei gilet gialli francesi. Con la consueta ironia che caratterizza i tunisini, da alcuni giorni sui social network è possibile imbattersi in un altra campagna lanciata, per ora solo virtualmente, dai cosiddetti "gilet blues" in contrapposizione ai gilet rossi. "Indossate piuttosto dei gilet blu, blu di lavoro, e mettetevi al lavoro se volete salvare la Tunisia" si legge nei messaggi di questa nuova campagna che chiama i tunisini innanzitutto a lavorare, poiché per loro il lavoro è la sola maniera di superare la crisi.
(ANSAmed).