Entrambe condizioni inaccettabili per Washington: in particolare le scadenze temporali, già prima del voto, erano state denunciate dal Dipartimento di Stato come presupposto, se necessario, all'uso del veto. "Un calendario per i negoziati e' necessario", ha argomentato invece la Francia che, con Germania e Gran Bretagna si era adoperata nelle ultime settimane per una versione più morbida del documento: "La soluzione dei due stati sta diventando un miraggio: gli insediamenti illegali da parte di Israele stanno minando la possibilità di creare uno stato palestinese", ha detto l'ambasciatore Francois Delattre spiegando le ragioni del suo sì su un testo che, secondo lo stesso diplomatico, "non era l'ideale".
La domanda adesso è il perché della fretta palestinese. Gli otto sì - Giordania, Lussemburgo, Russia, Cina, Francia, Ciad, Argentina e Cile - avrebbero potuto diventare almeno nove dopo Capodanno, quando si insedieranno nuovi membri non permanenti più vicini alla causa palestinese. Alcuni diplomatici sospettano che il presidente dell'Anp Abu Mazen abbia voluto veder affondata la sua risoluzione massimalista: non costringendo Washington a far uso del veto, il leader palestinese potrebbe aver mantenuto aperte le linee di comunicazione con Washington riservandosi, allo stesso tempo, l'opzione di accedere alla Corte Penale Internazionale che gli è stata riconosciuta quando l'Assemblea Generale due anni fa ha promosso la Palestina "stato osservatore non membro".(ANSAmed).