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Pellegrinaggi: Opr punta con decisione su Medio Oriente

Mons. Andreatta: 'In tempi difficili, portiamo solidarietà'

29 aprile, 13:03

(di Virginia Di Marco) (ANSAmed) - IL CAIRO, 29 APR - Mentre i cristiani del Medio Oriente vivono sotto attacco, l'Opera Romana Pellegrinaggi continua a puntare proprio su questa regione. Il 75% degli itinerari proposti da questo organismo di promozione pastorale attivo da oltre 80 anni avviene in Israele, Giordania, Territori palestinesi, Egitto e (presto) anche Iraq del sud. "Il valore aggiunto del pellegrinaggio in Medio Oriente in questo momento è duplice", spiega ad ANSAmed Monsignor Liberio Andreatta, amministratore delegato di Opr. "In primo luogo, testimonia una grande solidarietà. La presenza dei pellegrini, dei turisti costituisce per loro un grande aiuto economico e una grande speranza per il futuro. L'arrivo dei pellegrini alza la qualità della vita, perché c'è un indotto di lavoro".

Con la sua presenza l'Opr vuole comunicare anche un altro messaggio: "non abbiate paura", spiega mons. Andreatta. "I pellegrini sono uomini di preghiera, di pace. Non sono militari, occupanti o persone che vengono spinte da interessi economici.

E' gente di fede e questo dà un grande coraggio alle comunità di questi Paesi, che si sentono meno isolate".

Ma portare i cristiani d'Italia in Medio Oriente ha anche una valenza politica, prosegue mons. Andreatta. Soprattutto in certi casi: "In particolare per quanto riguarda Israele e territori palestinesi, noi costituiamo un elemento di dialogo e di aiuto affinché, anche dal punto di vista politico, si riescano a trovare soluzioni di rispetto delle diversità culturali, religiose, etniche. Israeliani e palestinesi sono due gambe di un tavolo: e un tavolo con due gambe non sta in piedi. La presenza dei pellegrini cristiani è la terza gamba: senza di loro, israeliani e palestinesi sono monchi".

E se le identità che si articolano attorno al Mediterraneo sono diverse, le radici sono invece senz'altro comuni. "I musulmani dicono che noi abbiamo un padre comune nella fede, che è Abramo. Allora, se ci riconosciamo tutti nella stessa radice, come nascita e provenienza, dobbiamo però avere la capacità di vedere anche che nel tempo si sono formate identità proprie di etnie, espressioni religiose o culturali differenti. La grandezza sta qui: saper rispettare il diverso. Il lavoro del pellegrino è proprio questo". "Inoltre - conclude mons.

Andreatta - chi viene in queste terre recupera una sensibilità perduta, condizionata dalla stampa che descrive questi Paesi come pericolosissimi. Ma la realtà è un'altra, e noi lavoriamo per sconfiggere sia la paura che l'indifferenza".(ANSAmed).

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