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Mostre: Shaul Knaz porta a Roma la sua 'arte sociale'

L'artista israeliano inaugura la sua prima mostra italiana

25 settembre, 10:53

(ANSAmed) - ROMA, 25 SET - "Quello che cerco di fare è arte sociale". Folta barba sale e pepe e occhi azzurri, Shaul Knaz, israeliano, classe 1939, figlio del kibbutz Gan Shmuel, è in questi giorni a Roma, dove presso la galleria Ermanno Tedeschi è stata inaugurata ieri sera la sua prima mostra italiana. "Sono orgoglioso di essere qui - dichiara l'artista ad ANSAmed -, ammiro molto Roma e la sua cultura. L'Italia è il Paese dell'arte per antonomasia e sono fiero di avere portato proprio qui le mie opere, che sono molto israeliane". I quadri di Knaz sono un'esplosione di forme, corpi, segni grafici. L'occhio impiega qualche secondo a decrittarle, ma poi i singoli elementi emergono con chiarezza: corpi maschili, femminili, auto, carri armati, fucili, bambini. "In tutti i quadri - spiega lui - ci sono persone che si combattono. Eppure anche nella guerra e nella situazione particolare d'Israele le persone cercano lo stare insieme, la solidarietà, la famiglia. Questi sono per me i valori fondamentali: e preservarli è la mia missione come artista. In ogni singola opera raffiguro uomini e donne che si trovano o che non riescono a trovarsi, ma che tuttavia non mollano".

"Preservare i valori tradizionali della solidarietà e della famiglia - aggiunge l'artista - non è facile al giorno d'oggi.

Le persone sognano il successo, una felicità astratta che io sento lontana dal mio linguaggio, vivono attraverso la tecnologia. Ma alla fine dei conti quello che tutti noi vogliamo è l'amore, e sentirci a casa: vogliamo provare quelle sensazioni antiche, che abbiamo imparato a conoscere dalla nostra infanzia". E per Knaz raccontare la condizione esistenziale dell'uomo di oggi significa fare "arte sociale", ma anche esprimere una posizione politica. "Essere un artista non significa solo dipingere. E' un modo di vivere e un'ideologia. Un artista non è mai soddisfatto di quello che esiste, lavora sempre per il cambiamento. Che sia in Israele, in un kibbutz o in qualunque altro posto, l'artista continuerà a impegnarsi". (ANSAmed)
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