"Su una cosa sono d'accordo tutti: l'Iran aspira ad avere armi nucleari - dice Gilon, interpellato sulla freddezza del premier Benyamin Netanyahu dopo le 'aperture' del nuovo presidente iraniano Hassan Rouhani - Non è il nuovo presidente ad aver portato i cambiamenti, ma le sanzioni, che pesano sull'Iran e per questo l'Iran si muove per liberarsene. Ma lui non è una figura nuova, lo conosciamo bene, era il capo dei negoziatori sul nucleare. E in un'intervista su Youtube, lui dice al giornalista, 'la mia diplomazia ci ha consentito di guadagnare tempo'. Lo dice apertamente: la diplomazia ha permesso all'Iran di guadagnare tempo". "Noi e gli americani siamo sulla stessa linea: non vogliamo permettere che l'Iran abbia armi nucleari - prosegue il diplomatico - Ma ogni accordo deve contenere punti fermi: primo, devono compiere passi concreti, prima che vengano tolte le sanzioni, perché se le togliamo, sarà difficilissimo rimetterle, in caso violino gli accordi. E quei passi devono portare a un obiettivo: non devono raggiungere il punto in cui possono produrre un numero significativo di testate nucleari".
Per l'ambasciatore, anche l'uranio arricchito al 3,5% è pericoloso, se è in gran quantità ("per le armi atomiche serve al 90%, ma arrivare al 3,5% è più lungo e difficile che arrivare poi al 90", spiega). "Noi temiamo lo scenario di una rottura dei negoziati - afferma Gilon - in cui l'Iran decide, basta così, fuori gli ispettori, e si mettono a costruire armi atomiche. Noi dobbiamo esser certi che se ciò accadrà, abbiano bisogno di tempo per costruirle, così che possiamo trovare un altro modo.
Quindi azzerare le loro capacità, verifiche, supervisione. E se c'è una rottura, che non abbiamo la possibilità di costruire 25 testate". Ma per il diplomatico, il programma nucleare è solo una parte del problema. "Ovunque c'è instabilità, c'è l'impronta dell'Iran: per esempio in Siria, la cui situazione ha una diretta conseguenza per l'Italia, con l'immigrazione a Lampedusa e in Sicilia; molte di quelle persone sono siriani. Mandano armi in Siria, e mandano Hezbollah ad aiutare Assad a massacrare il suo popolo. Quel massacro spinge i profughi: il 25% dei siriani ha lasciato casa, molti sono andati all'estero. In Turchia, che è un grande paese, ma anche in Libano e Giordania, piccoli paesi, con piccole economie, è un grande peso. Ma l'Iran ha un ruolo anche in Iraq, Afghanistan, Yemen, Bahrein. L'Iran ha un grande ruolo nell'instabilità della regione".
"Noi siamo per il negoziato, è importante dirlo - conclude - Ma la soluzione dev'essere credibile, verificabile, ci dev'essere la giusta sequenza.Se fanno passi sei, possono essere premiati con la cancellazione delle sanzioni. E ci dev'essere un prezzo chiaro da pagare in caso di violazione. Se non è così, dobbiamo risolvere il problema in un modo o nell'altro".
(ANSAmed).