"Le voci femminili nella letteratura, israeliana e non, sono sottorappresentate", afferma parlando con ANSAmed. "Le donne scrivono di sfumature e sentimenti e per questo vengono spesso percepite come una seconda scelta. Il premio a Munro è un riconoscimento importantissimo per le scrittrici di tutto il mondo, compreso Israele, che è un Paese machista".
In questi giorni Shalev è in Italia per il premio Bottari Lattes Grinzane, la cui cerimonia conclusiva si terrà a Torino questo fine settimana. Il suo ultimo romanzo, 'Quel che resta della vita' (Feltrinelli), è in gara nella sezione 'Germogli'.
"L'ispirazione per questo romanzo mi è venuta osservando gli anziani", racconta lei. "Quando mia madre si è ammalata, la visitavo in ospedale e mi guardavo intorno. Tutti quegli anziani... Mi chiedevo come fossero le loro vite: avrebbero voluto cambiare qualcosa? Potevano ancora cambiare qualcosa? Quali erano i loro ricordi? Poi ho iniziato a pensare ai loro figli, alle loro famiglie. Mi sono chiesta, in particolare, come la morte di un genitore influisca su figli ormai maturi".
La storia si dipana attorno a una famiglia dai rapporti complicati: una madre anziana in punto di morte, un fratello e una sorella che fanno il bilancio della loro vita fino a quel momento e una nipote adolescente. Ma se le frustrazioni sentimentali sono il punto di partenza, l'arrivo è ben diverso.
"Questo è un libro sulla riconciliazione, la catarsi, la speranza", spiega l'autrice. "Credo che le correzioni siano sempre possibili, anche al termine della vita. Volevo mostrare che il tempo non è lineare, che a volte la fine può essere meglio del principio. Direi che questo è il mio libro più ottimista". Shalev ha scritto 'Quel che resta della vita' tra il 2006 e il 2011. "Sono stati anni molto interessanti per me. Ho adottato un bambino, come vuole fare una dei protagonisti del libro, Dina. Ma le sue motivazioni sono molto diverse dalle mie. Lei vuole adottare per riconciliarsi con la sua infanzia. Io ho maturato questo desiderio dopo essere stata coinvolta in un attacco terroristico". Nel 2004 Shalev è rimasta gravemente ferita da un attentatore suicida. Ha impiegato mesi a guarire le ferite del corpo; l'adozione ha contribuito a curare quelle dello spirito.
"Dopo avere visto tutto quel male, il sangue, la morte, ho capito che dovevo fare qualcosa di completamente positivo, per reagire. Ho deciso di adottare un bambino, amarlo e dargli la vita migliore possibile". (ANSAmed)