Ufficialmente l'Iran non è il tema centrale della maratona diplomatica - oltre sette ore, più della metà delle quali a quattr'occhi - organizzata da Kerry a Villa Taverna, storica residenza degli ambasciatori americani a Roma, nel cuore dei Parioli. Una maratona seguita da una cena in un famoso ristorante del centro, prima del ritorno di Netanyahu in Israele.
Obiettivo dell'inconsueto incontro romano, sotto un cielo quasi estivo, è fare passi avanti nei negoziati di pace israelo-palestinesi, nel tentativo di rispettare l'impegno di giungere ad un accordo finale entro nove mesi. I negoziati si sono accelerati in queste ultime settimane, ma al momento manca ancora il tanto auspicato punto di svolta. Incontrando brevemente i giornalisti prima dell'inizio della riunione, Kerry ha detto di apprezzare le aperture del regime iraniano sul nucleare ma "le parole non possono sostituire le azioni", ed è quindi troppo presto per parlare di revoca delle sanzioni.
Con accanto a sé Netanyahu, Kerry - reduce da un faccia a faccia a Palazzo Chigi con Enrico Letta - ha ricordato che la questione del nucleare è una delle "maggiori preoccupazioni per noi tutti", ma ha salutato i nuovi toni di apertura del regime iraniano. Le sanzioni americane, ha precisato il segretario di Stato, "potranno essere revocate solo quando sarà 'chiarissimo' che i programmi sono a scopo pacifico". Citando anche il presidente Barack Obama, Kerry ha detto che "dobbiamo mantenere gli occhi ampiamente aperti, è vitale che l'Iran si allinei agli standard delle altre nazioni e dimostri che i suoi programmi sono pacifici. Ma nessun accordo è meglio di un cattivo accordo".
Netanyahu ha preso la palla al balzo: "E' meglio non raggiungere un accordo piuttosto che fare un cattivo accordo", gli ha fatto eco. La posizione del premier israeliano è nota e non sembra essersi spostata di un centimetro: la pace in Medio Oriente non potrà diventare realtà finché non verrà risolta prima la questione nucleare iraniana.
"L'Iran non deve avere la possibilità di costruire armi nucleari - ha ripetuto anche oggi Netanyahu - il che significa che non deve possedere centrifughe per l'arricchimento, non deve avere reattori ad acqua pesante per produrre plutonio, che serve esclusivamente a costruire l'arma nucleare". Il premier israeliano sostiene che gli iraniani debbano sbarazzarsi del materiale fissile accumulato, oltre a rinunciare agli impianti sotterranei, che lo sono per una ragione soltanto, "per obiettivi militari". Sui negoziati di pace israelo-palestinesi si assiste in queste ore ad un tira e molla tra le due parti direttamente in causa. Da un lato gli israeliani sostengono di non capire perchè i palestinesi non vogliano riconoscere il carattere ebraico di Israele (c'è la questione degli arabi israeliani e del diritto al ritorno dei profughi) e continuano a minimizzare l'ostacolo della colonizzazione che prosegue, in quanto uno stop è sempre possibile, come è già successo in passato.
Dall'altro i palestinesi continuano ad insistere per un ritorno alle frontiere del 1967 e al riconoscimento di Gerusalemme est come capitale dello Stato palestinese. Le posizioni rimangono quindi lontane, ma sia Netanyahu sia il presidente palestinese Abu Mazen, oggi in visita ufficiale a Bruxelles, difendono una soluzione a due Stati: "Non possiamo permetterci il lusso di fallire", avverte Abu Mazen.(ANSAmed).