Da diversi giorni si ripete dunque un mesto rituale quotidiano. Alle 11 del mattino il direttore del centro medico Tel ha-Shomer (Tel Aviv) professor Zeev Rothstein emerge dai propri uffici per riferire in diretta ai mass media che il processo di deterioramento è ormai irreversibile; che gli organi vitali stanno gradualmente registrando disfunzioni; che la situazione è critica; e che, temendo il peggio, "i figli Ghilad ed Omri non si staccano dal suo letto".
Con l'occasione Rothstein offre all'opinione pubblica una visione quasi epica della lenta agonia di Sharon, che accompagna altre iperboli pubblicate durante il week-end dalla stampa. Come per magia i giornali, nel tentativo di costruire un'icona, sono tornati a proporre l'immagine di Sharon ripreso nel proprio ranch del Neghev con un capretto sulle spalle, come un personaggio emerso dalla Bibbia. Era l'immagine con cui peraltro sperava di vincere le elezioni politiche del 2006 alla guida dell'esordiente partito Kadima.
Sulla stessa lunghezza d'onda il professor Rothstein ha osservato che Sharon "è impegnato in una battaglia per la vita".
Un altro giorno ha raccontato che "lotta come un leone, tenendo fede al proprio nome": Ariel, in ebraico, significa appunto 'Leone di Dio'. Anche il figlio Ghilad, fedele all'immagine stoica attribuita al padre generale-agricoltore, controlla da vicino lo staff medico.
Ma tutto sommato, si chiedono in molti, non sarebbe stato meglio lasciarlo morire nel gennaio 2006, quando fu colpito da un ictus e cadde in un coma irreversibile? No, risponde Ghilad.
Uno Sharon non si arrende mai, "combatte fino in fondo".
Rievocando sulla stampa l'ictus del gennaio 2006, Sharon jr.
scrive: "Un giorno entrò nella stanza una donna che indossava la divisa di infermiera. Aveva capelli neri ed occhi neri, uno sguardo pungente, pareva una strega. Mi disse: 'Tu puoi liberarlo e lasciarlo andare. E' nelle tue mani'. 'Non lo lascerò mai', le ho risposto. Non so chi fosse. Non l'ho più vista", conclude Ghilad Sharon.
Otto anni dopo qualcuno si chiede se il "consiglio della strega" non fosse tutto sommato preferibile all'ostinazione filiale; e se esista al mondo un essere umano che lucidamente accetterebbe di trascorrere otto anni in coma vegetativo.
Giornale di opposizione fino in fondo, Haaretz pubblica ora interventi polemici di blogger che criticano i figli di Sharon e che dubitano che la loro ostinazione debba comunque ricadere sulle spalle del contribuente.
Nel frattempo si completano i preparativi dei funerali. A quanto pare ci sarà una prima fase, ufficiale, a Gerusalemme. Ma poi la sepoltura avverrà nel suo ranch privato dei Sicomori, nel profondo Sud. Ariel Sharon, nelle ultime volontà, ha stabilito che sarà inumato nella collina delle anemoni: accanto alla tomba della moglie Lili, il grande amore della sua vita. (ANSAmed).