A Washington qualcuno deve aver strabuzzato gli occhi e sono partiti fulmini e saette. Nel tentativo di arginare lo scandalo, la capo negoziatrice israeliana Tzipi Livni e lo stesso premier Netanyahu hanno cercato di sminuire la portata della sortita assicurando che i rapporti bilaterali restano stretti e che anche quando ci sono dissensi essi sono di contenuto, mai di carattere personale. Livni, esponente dell'appendice centrista di una maggioranza di governo dominata dalla destra, ha anche criticato apertamente Yaalon. Ma la presa di distanza non é bastata a placare il dipartimento di Stato. L'entourage di Kerry ha reagito con collera da Roma, a margine di una visita del segretario di Stato a papa Francesco. "Le parole di Yaalon, se confermate, sono oltraggiose e inappropriate: tanto piu' tenuto conto di quanto gli Usa fanno per la sicurezza di Israele", ha sibilato una portavoce. Mentre la Casa Bianca le ha bollate in serata come affermazioni "scioccanti e fuori luogo". E secondo una fonte dell'amministrazione, sarebbe stato inviato un messaggio a Gerusalemme per chiedere a Netanyahu di sconfessare apertamente il suo ministro - titolare del dicastero israeliano più strategicamente dipendente dagli aiuti americani. Neppure un'ora dopo le scuse sono arrivate dal diretto interessato: "Non avevo alcuna intenzione di offendere John Kerry - ha detto in un comunicato Yaalon - e mi scuso se il Segretario di Stato si è sentito offeso dalle parole che mi hanno attribuito". Il ministro ha quindi assicurato che "Usa e Israele hanno il comune obbiettivo di portare avanti il processo di pace con i palestinesi guidato da Kerry, di cui apprezziamo i notevoli sforzi in tal senso".
Proprio ieri il vicepresidente Joe Biden - giunto in Israele per i funerali dell'ex premier Ariel Sharon - aveva del resto ribadito l'unità d'intenti dell'amministrazione Obama dietro le iniziative diplomatiche (e le pressioni) di Kerry in Medio Oriente. Nell'arco di tutta la giornata dall'ufficio di Yaalon l'articolo di Yediot Ahronot non era stato smentito. E in una serie di conversazioni "riservate" con giornalisti israeliani il ministro aveva rincarato sostenendo che il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen si regge sulle baionette israeliane. Una volta che - come auspicato dagli Usa - Israele lasciasse i Territori, "la Cisgiordania si trasformerebbe in un Hamastan", ha sentenziato: ossia in una copia della tumultuosa Striscia di Gaza in mano alla fazione islamica ribellatasi a suo tempo all'Anp.(ANSAmed).