L'episodio interviene in un periodo in cui le relazioni tra l'Unesco e Israele sono particolarmente tese, dopo l'ammissione, nell'ottobre del 2011, della Palestina come Stato membro dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Per protesta, Washington e Israele avevano deciso di interrompere i propri contributi finanziari. In seguito, l'Unesco sospese il diritto di voto dei due Stati. Non si sono fatte attendere le critiche del premier israeliano, Benyamin Netanyahu, per il quale "la verità non può mai nuocere", e del dipartimento di Stato americano che si è detto "profondamente deluso". Mentre l'ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Samantha Powers, ha parlato di "mossa sbagliata" della Bokova che potrebbe essere "percepita come un boicottaggio e quindi come una presa di posizione politica". In un comunicato, l'associazione francese contro l'antisemitismo ha denunciato "la decisione scandalosa" dell'Unesco e ha chiesto all'Organizzazione di "non cedere alle pressioni esercitate dal Gruppo dei paesi arabi, evidentemente allergici alla verità storica". Se la Bokova non cambierà idea il Bnvca chiederà "a tutte le comunità ebraiche, le istituzioni ebraiche e gli amici di Israele, di non partecipare alla cerimonia in occasione dell'anniversario della liberazione dei campi nazisti organizzata dall'Unesco il prossimo 27 gennaio".
"Il tema dell'esposizione mostra chiaramente che la presenza ebraica in Terra Santa è stata costante - spiega Robert Wistrich, dell'Università ebraica di Gerusalemme, che ha curato la mostra per il Centro Simon-Wiesenthal - L'annullamento è uno schiaffo, un insulto al popolo ebraico". Mentre secondo un ambasciatore arabo presso l'Unesco, intervistato dal quotidiano Le Monde, "l'esposizione nega la presenza araba: è una revisione della storia". In risposta alla polemica la Bokova ha fatto notare, in una lettera, l'impegno dell'Unesco "nella lotta contro il razzismo, l'antisemitismo, e tutte le forme di negazionismo".(ANSAmed).