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Shoah: da Spielberg a Roma, 'Conservare voci da Olocausto'

Centro cultura ebraica: 'Ma memoria non finisce nel 1945'

27 gennaio, 14:44

(ANSAmed) - ROMA, 27 GEN - Conservare la viva voce dei salvati, ricordando i morti. L'ultima frontiera della memoria sono le interviste audiovisive alla generazione che l'Olocausto l'ha vissuto sulla propria pelle, in modo più o meno diretto, e che oggi, per ovvie ragioni anagrafiche, sta scomparendo. Il risultato è la costituzione di archivi che hanno la forza dell'empatia, e che consentono di conservare e trasmettere, oltre ai fatti, i sentimenti. Se a livello globale la USC Shoah Foundation sostenuta dal regista americano di origini ebraiche Steven Spielberg ha raccolto negli ultimi anni un totale di circa 52.000 video interviste - 434 delle quali a italiani -, a Roma il Centro di Cultura ebraica si è mosso nella stessa direzione, come anche la Fondazione del (costituendo) Museo della Shoah.

"Il nostro obiettivo - ha spiegato stamattina, in un convegno organizzato in occasione della Giornata della Memoria, Miriam Haiun, direttrice del Centro di Cultura - è che i ragazzi del 2015 possano sentire la storia dell'ebraismo italiano e nello specifico romano così come noi l'abbiamo sentita raccontare dei nostri padri e nonni". E' nato così il progetto 'Memorie ebraiche': una raccolta consistente di interviste, realizzate tra 2010 e 2012 e catalogate per argomento, in cui i membri della comunità romana raccontano la loro esperienza personale. A partire - e questa è la particolarità del progetto - da 4 giugno 1944, Liberazione di Roma. "Con l'istituzionalizzazione della giornata della Memoria - afferma Haiun - si corre il rischio di pensare che la memoria finisca con la guerra, nel 1945. Ma non è così: per questo abbiamo voluto concetrarci sul quello che è venuto dopo, sulla ricostruzione della comunità e delle sue istituzioni. La scuola, i movimenti giovanili, il nostro giornale". Su quello, ma sopratutto su chi è venuto dopo si sono concentrati anche gli sforzi della Fondazione Museo della Shoah, rappresentata nel convegno di oggi da Damiano Garofalo, uno dei ricercatori che hanno intervistato svariati esponenti della comunità romana, figli e nipoti di deportati. "In particolare, volevamo capire come l'esperienza del 16 ottobre, della deportazione e dei campi di concentramento abbiano segnato anche il vissuto quotidiano delle generazioni successive", spiega Garofalo. "L'ossessione della pulizia, che molti dei sopravvissuti tornati dai campi hanno poi avuto per il resto della loro vita, si è spesso tramandata ai nipoti. Così come la paura per i cani, i topi e la repulsione per la lingua tedesca". (ANSAmed)
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